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Il ritorno della volatilità

20/09/2016

Dopo diversi mesi di tranquillità e di ripresa, con l'agosto che si è distinto per la stabilità come non avveniva da anni, l'ultima settimana ha visto un moderato ritorno della volatilità sui mercati azionari, obbligazionari e delle valute.

Il fenomeno si è verificato un po' dappertutto: in Usa, in Europa e in Asia. Movimenti di questo genere sono sempre di difficile lettura sul breve periodo: la spiegazione più ovvia è che, dopo mesi di crescente propensione al rischio e ritorno della liquidità sull'intera gamma di ogni asset, gli investitori istituzionali vogliano un po' ridurre il rischio. A dare il via, non sorprendentemente, sono state le solite voci sulla politica monetaria della Fed. 

Quest'ultima peraltro si riunisce il prossimo mercoledì: con ogni probabilità assisteremo all'ormai abituale linguaggio contorto della Yellen, teso a rassicurare i mercati che l'economia è solida a sufficienza da permettere una politica di rialzo dei tassi, ma che quest'ultima avverrà gradualmente per non mettere in crisi le borse.

Incidentalmente i prossimi giorni vedranno negli Usa la pubblicazione di diversi dati economici, fra cui il Markit Pmi e i leading indicator della Fed. La settimana entrante vedrà anche una serie di numeri provenienti dall'Europa, in particolare dalla Germania, che sono in grado di muovere potenzialmente un po' i mercati. Tra tutti degni di nota l'andamento dei prezzi alla produzione, la fiducia dei consumatori e il Pmi flash manifatturiero. È improbabile comunque che arrivino importanti scossoni: per il momento infatti la fiducia degli investitori rimane elevata, anche se, secondo diversi operatori, è da mettere in preventivo da una certa rotazione.

Nell'attuale contesto, alcune asset class, quali ad esempio gli high yield statunitensi, rimangono interessanti, nonostante un rally che ha fornito più del 20% di rendimento dai minimi di febbraio: diverse emissioni presentano rendimenti a scadenza superiori al 6% e un tasso di default molto moderato. Idem per quanto riguarda l'obbligazionario emergente, specialmente in valuta locale.

È interessante notare che diversi gestori sembrano oggi posizionarsi sempre di più sulle azioni a elevato dividendo, oltre che sui gia citati high yield: viste le quotazioni raggiunte, molti money manager sembrano volersi cautelare, riducendo il rischio nel proprio portafoglio attraverso un flusso stabile di cassa generato da dividendi e cedole.

I prossimi giorni diranno qualcosa di più sulll'attitudine del denaro che pesa: va detto che in ogni caso l'indice Vix delle volatilità implicite delle opzioni sulle maggiori aziende americane è salito parecchio, superando la soglia di 16 nei giorni scorsi, un livello che non si vedeva dai giorni post-Brexit. Va comunque notato che questo indice tende a oscillare in maniera molto rapida e resta il fatto che è indubbio che anche nelle fasi di maggiori tranquillità e fiducia nella psicologia di molti investitori sembra permanere una buona dose di timori.

Bisognerà dunque nel futuro prossimo fare molta attenzione ai dati, consci che, se si confermasse un deterioramento economico, probabilmente questo verrebbe preso con poca sportività dagli investitori. Quando si determinano tali frangenti è spesso buona norma approfittare delle sessioni migliori e maggiormente calme per spendere il proprio budget di protezione del rischio, pagandolo relativamente poco.

A cura di: Alessandro Secciani

Parole chiave:

volatilità crescita azioni obbligazioni high yield
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