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Fed e materie prime
Nel corso dell'ultimo mese i prezzi delle materie prime sono stati penalizzati dalla retorica sorprendentemente aggressiva assunta dai membri della Federal Reserve.
Il sentiment è tornato positivo quando la decisione di ritoccare al rialzo i tassi di un quarto di punto annunciata lo scorso 15 marzo è stata accompagnata da un atteggiamento più da "colomba" da parte della Fed, che ha espresso una disponibilità a tollerare un'inflazione più alta piuttosto che rischiare di agire troppo presto con nuovi interventi di stretta monetaria.
Questo mette in evidenza quanto le commodity, e i metalli preziosi in particolare, siano sensibili alla politica monetaria statunitense e quanto questa probabilmente condizionerà l'andamento dei prezzi delle materie prime nel corso di tutto il 2017.
Dopo una pausa durata cinque anni, i prezzi delle commodity nel corso dell'anno appena trascorso hanno ripreso a salire, recuperando il 20% dai minimi segnati a inizio 2016.
Se poi guardiamo i dati forniti dalla Commodity Futures Trading Commission (CFTC) che evidenziano il posizionamento degli investitori sul mercato dei futures, si è passati da un'esposizione estrema ribassista nel 2016 a un'esposizione estrema rialzista nel 2017.
Di conseguenza nel breve termine potremmo assistere a una battuta d'arresto della corsa al rialzo delle commodity. Nel lungo termine invece, secondo gli analisti di Etf Securities, i fondamentali rimangono attraenti, dato che i prezzi delle materie prime sono al momento mediamente al di sotto dei costi marginali di produzione, la crescita globale è in continuo miglioramento, e si iniziano a intravedere i primi segnali di calo delle scorte dal lato dell'offerta.
Scendendo nel dettaglio dei singoli settori del comparto, i metalli preziosi hanno lasciato sul terreno in media il 4,6% nell'ultimo mese sulle aspettative del rialzo dei tassi americani, ma il calo è stato letto come un'occasione d'acquisto dagli investitori, che hanno incrementato del 15% le posizioni speculative nette.
Per l'oro in particolare Etf Securities prevede che i prezzi possano salire a 1.300 dollari l'oncia entro la metà dell'anno, beneficiando sia del tono nuovamente accomodante assunto dalla Fed sia dei risultati delle recenti elezioni politiche in Olanda, che hanno visto la vittoria schiacciante del Vvd, il partito liberal democratico del premier uscente Mark Rutte e contribuito a smorzare i timori che un'ondata di populismo dilaghi in Europa.
Anche i prezzi dei metalli di base hanno segnato una battuta d'arresto, appesantite dall'impatto di alcuni driver macroeconomici che hanno caratterizzato l'ultimo mese: tra questi vanno menzionati i rialzi dei tassi annunciati dalla Fed e dalla Banca centrale cinese, la revisione al ribasso delle previsioni di crescita per l'economia del Dragone e il disappunto per la mancanza di dettagli intorno al programma di rilancio delle infrastrutture tanto sbandierato dal Presidente Trump in campagna elettorale.
Nel comparto energetico i prezzi del petrolio nell'ultimo mese sono crollati, con un calo del 10,3% per il Wti e del 9% per il Brent, sulla scia di una produzione di greggio che rimane sostenuta grazie all'incremento delle attività estrattive di shale oil negli Stati Uniti, che controbilanciano i tagli annunciati dall'Opec e da alcuni suoi alleati, come la Russia.
Poichè il trend di crescita della produzione e delle scorte di petrolio statunitense è destinato a proseguire, mentre al contempo i paesi Opec iniziano a manifestare dubbi sull'utilità di mantenere in piedi l'accordo sui tagli, è probabile che nei prossimi mesi i prezzi dell'oro nero continueranno a scendere.