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Il peso sui mercati dei millennial
In un articolo precedente avevamo osservato alcune caratteristiche demografiche dell'Italia, peraltro particolarmente rappresentative di un mondo in via di invecchiamento. Eravamo partiti dalla generazione dei post-millennial, ossia gli adolescenti di oggi, compresi fra i 15 e i 20 anni non compiuti. Questa fascia di età è numericamente piuttosto limitata ed è destinata a essere seguita nella vita adulta da generazioni in numero ancora più ristretto.
Inoltre, nel Belpaese particolarmente, ma in realtà un po' dappertutto, i giovani che si affacceranno fra qualche anno nel mondo del lavoro lo faranno dopo essere cresciuti in un ambiente con caratteristiche marcatamente diverse rispetto al passato. A meno che le cose non migliorino radicalmente, gran parte della loro vita sarà infatti stata caratterizzata da news economiche e finanziarie piuttosto scoraggianti, nonostante il bull market di questi anni. Da un punto di vista tecnologico, poi, questo gruppo demografico non solo non ha visto l'era prima di internet, ma addirittura non ha compiuto esperienze significative prima dell'avvento degli smartphone e quindi della mobilità della Rete.
Questi due elementi sono in qualche maniera destinati a sovrapporsi e a influenzarsi a vicenda in maniera profonda nei prossimi decenni. Vediamo come.
Innanzitutto il relativamente scarso peso numerico di questo insieme demografico, combinato con un’economia non più brillante, non favorisce certo un passaggio di consegne generazionale nei ruoli di potere. Già da anni, e non solo in Italia, i redditi entry level delle nuove generazioni sono in calo, mentre vengono sempre più spesso ritardati i passaggi chiave verso l'età adulta, come ad esempio mettere su famiglia e comprare una casa. Ribadiamo: non si tratta (più) di un trend squisitamente italiano, visto che negli Usa il 15% di coloro che sono nella fascia di età compresa fra i 25 e i 35 anni vivono in casa con i genitori; nel 2001 questo valore si fermava al 10%. Siamo lontani dal disastro della nostra Penisola, però, a meno di improbabili boom economici futuri, non è irragionevole pensare che nei lustri a venire il trend continuerà imperterrito.
Già abbiamo visto che ciò favorisce l'investimento immobiliare in quei veicoli basati su un portafoglio di appartamenti di piccole dimensioni e adatti quindi alle tasche e ai gusti dei millennial e post-millennial. Per quanto riguarda questi ultimi, poi, i loro consumi rischiano di diventare sempre più internet-centrici, un po' per il fatto che sono cresciuti con uno smartphone in mano, un po' perché probabilmente sarà sostanzialmente l'unica cosa che si potranno permettere.
A questo punto sorge un dilemma fondamentale: se crediamo all'assunto secondo cui i ragazzi di oggi resteranno a lungo in famiglia a smanettare con chissà quale tecnologia a basso (o zero) costo, dati gli scarsi averi, la loro influenza economica sarà determinata soprattutto dalla capacità di influenzare culturalmente le generazioni più anziane. Di recente uno dei top manager in Italia di uno dei maggiori emittenti di Etf al mondo, parlando del fenomeno dei robo-advisor sottolineava che sono un ottimo strumento per introdurre all'investimento finanziario giovani dagli scarsi mezzi e precisava anche che c’è la possibilità di vedere i giovani andare a convincere i loro genitori a usare simili tecnologie nella gestione del denaro di famiglia.
Pensiamo poi ad altre tecnologie potenzialmente rivoluzionarie, come ad esempio un car sharing basato su auto robotiche, che probabilmente verrebbe accolto con entusiasmo da chi per età non ha mai guidato in precedenza. Ecco possiamo dunque affermare che per molte disruption tecnologiche future il rischio è restare confinate a una fascia giovanile e post-giovanile, dai pochi soldi, con il pericolo di trasformarsi in una sorta di dollar store globale.
Per avere un vero impatto sarà necessario quindi coinvolgere i genitori, se non addirittura i nonni. Ovviamente da questi due scenari scaturiranno esiti finanziari completamente diversi.