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Auto, sempre più per emergenti
Dopo avere analizzato alcune caratteristiche a livello borsistico dell’Msci Acwi Automobiles&Components, è interessante osservare alcuni dati a livello fondamentale per capire che cosa è successo nel mercato degli autoveicoli negli ultimi anni. Iniziamo subito a dire che, a parte il periodo della crisi finanziaria, questo segmento dell'economia mondiale ha vissuto un boom notevole nell'ultima generazione, in gran parte grazie all'ascesa della motorizzazione in alcune nazioni prima molto arretrate (Cina in primis) e alla continua espansione demografica e dei consumi (a debito) in quelli sviluppati.
Nel 2016, inclusi i veicoli commerciali, la produzione mondiale ha sfiorato 95 milioni di pezzi, con un rialzo cumulato superiore al 22% rispetto al 2010, del 62,7%, se guardiamo ai numeri del 2000, e addirittura del 95,3% in confronto al 1990.
Ovviamente il processo a tappe forzate di industrializzazione della Cina ha giocato un ruolo fondamentale: il Dragone l'anno passato è risultato di gran lunga il primo produttore mondiale con oltre 28 milioni di pezzi, circa il 29,6% dell'output planetario e un valore ben più che doppio rispetto a quello registrato dal secondo paese in classifica (poco più di 12 milioni), ossia gli Usa. Lo sviluppo cinese è avvenuto praticamente a tappe forzate a partire dal nuovo millennio: nel 2000, infatti, il numero di autoveicoli sfornati dalla Repubblica Popolare superava di poche unità quota 2 milioni. Ciò significa che nei 16 esercizi intercorsi fra il 2000 e il 2016 la Cina, con un incremento di oltre 26 milioni di pezzi sfornati dalle fabbriche locali, ha fornito il 71% della crescita totale complessiva, pari a circa 36,6 milioni.
Questa semplice constatazione porta a concludere che il mondo ex Cina praticamente è rimasto stagnante o quasi per quanto riguarda questo segmento dell'economia. In effetti, se guardiamo al secondo e terzo produttore, rispettivamente Usa e Giappone, scopriamo che entrambi hanno visto un calo rispetto ai dati del 2000: gli Stati Uniti sono infatti passati da 12,8 milioni di unità a circa 12,2, mentre il Sol Levante ha evidenziato una discesa da oltre 10,1 milioni a 9,2. Se poi andiamo indietro nel tempo, scopriamo che quest'ultimo paese ha vissuto nel corso dell'ultima generazione un imponente declino: il 1990 è infatti stato l'anno del record storico per quanto riguarda la produzione di auto nipponiche, che all'epoca superava quota 13 milioni ed era saldamente in posizione di leaderhsip planetaria.
Ovviamente, però, il dato del mondo al netto della Cina nasconde diverse altre storie di crescita che vanno a elidere quelle di declino. Ad esempio, anche se in misura molto minore rispetto al Dragone, pure l'India ha vissuto il proprio boom delle quattro ruote: infatti nel 2000 produceva appena 800 mila veicoli, mentre nel 2016 è arrivata a quasi 4,5 milioni, il quinto totale più elevato del mondo. La Thailandia è cresciuta da poco oltre 400 mila unità a ben sopra la soglia di 1,9 milioni, mentre la Turchia è salita anch'essa da circa 400 mila a quasi 1,5 milioni. Imponente anche il salto del Messico da circa 1,9 milioni di veicoli sfornati nel 2000 ai quasi 3,6 del 2016.
Ovviamente dall'altra parte molti casi di declino si sono avuti in molte nazioni ad alto reddito, anche se sarebbe sbagliato guardare alla storia del settore auto negli anni 2000 come a una semplice proxy dell'ascesa degli emergenti e della crisi dell'occidente (e del Giappone). Come avremo modo di vedere, la storia è ben più complessa: ciò che però appare evidente è che comunque le quattro ruote costituiscono una spia fortemente correlata alla performance economica complessiva di un sistema.