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La Fed procede senza assumersi rischi
La Federal Reserve ha aumentato i tassi di 25 punti base. I dati macroeconomici leggermente più deboli hanno permesso al nuovo Presidente della Fed, Jerome Powell, di non assumersi troppi rischi nella sua prima decisione ufficiale.
Powell ha giustificato la revisione al rialzo con gli effetti ascrivibili agli stimoli fiscali approvati da Donald Trump, al rinnovato vigore della fiducia degli operatori economici e alla presenza di condizioni finanziarie molto accomodanti. L’entità pronostica anche un aumento dell’inflazione nei prossimi mesi che, tuttavia, non dovrebbe superare il target inflation fissato dalla Banca centrale al 2%.
L’aspetto interessante della questione è che le nuove proiezioni economiche indicano un calo del tasso di disoccupazione e un’accelerazione della crescita, ma con impatto minimo (se non nullo) sull’inflazione. In poche parole, i dati al momento non sono ancora abbastanza solidi da giustificare un’accelerazione del ciclo di rialzi quest’anno.È una Fed fiduciosa, che sta abbandonando l’approccio vincolato ai dati al quale Janet Yellen ci aveva abituati.
Il buon ritmo dell’economia è alla base della nuova indicazione offerta dal dot plot, che adesso si sposta verso un’accelerazione del processo di normalizzazione dei tassi d’interesse rispetto a quanto stimato tre mesi addietro. Attualmente solo due membri del board del Fomc credono che il costo ufficiale del denaro negli Usa chiuderà l’anno al di sotto del 2%. I restanti membri del Fomc optano per un range di fine anno compreso tra il 2% e il 2,5%. Il nuovo dot plot lasci la porta aperta a tre nuovi potenziali rialzi nel 2018.
La Banca centrale prevede che nel 2020 i tassi d’interesse si posizioneranno al 2,5% (25 punti base in più rispetto all’ultima stima). In tutti i casi, Powell ha tenuto a precisare che tali stime saranno oggetto di revisione in funzione dell’andamento complessivo dell’economia statunitense. In linea con quanto era solita sostenere la Yellen, il neo governatore ha affermato che ‘il ritmo del rialzo del costo del denaro resterà legato ai miglioramenti o peggioramenti registrati dalla variaizone del Pil’.
Keith Wade, chief economist & Strategist, Schroders, sostiene che c’è ancora spazio per ulteriori rialzi quest’anno, con gli sgravi fiscali che avranno effetto e con la Fed che dovrà adattarsi alla politica fiscale. Il gestore si aspetta quattro aumenti dei tassi quest’anno e due il prossimo. Le sue previsioni coincidono con i dot plot a fine 2019.
Resta da vedere se ciò sarà sufficiente per frenare l’inflazione. Molto dipenderà dalla rapidità con cui accelererà la spesa pubblica. I dazi più elevati potrebbero complicare il quadro, alimentando l’inflazione e indebolendo la crescita.
I rischi alle previsioni sembrano schiacciati verso l’alto per i tassi. Il mercato appare colomba nell’aspettarsi che la Fed non avrà certamente terminato il percorso di normalizzazione entro la fine dell’anno.
Secondo Mark Nash, Head of Fixed Income, Old Mutual Global Investors, la Fed non ha intenzione di introdurre cambiamenti drammatici, ma di continuare con un graduale processo di innalzamento dei tassi e ciò è completamente comprensibile. Da dicembre, l’outlook è lievemente meno positivo, visto che le previsioni sulla crescita economica sono inferiori rispetto a quelle del quarto trimestre, in un contesto in consumi in calo. I dati sui salari sono diminuiti a febbraio, dopo l’aumento anomalo di gennaio, e i grandi passi avanti in termini di occupazione sono stati controbilanciati da coloro che sono rientrati nel mercato del lavoro, indicando che i limiti di capacità non erano così stringenti come ci si aspettava.
Infine, il riprezzamento delle aspettative sull’inflazione da parte dei mercati indica che la Fed mancherà di nuovo il target del 2%. Una Fed lasciva supporterà condizioni finanziarie accomodanti e propensione al rischio, e potrebbe danneggiare l’outlook del dollaro americano nel breve termine. Jerome Powell è stato capace di non assumersi troppi rischi al suo primo meeting, senza fare molto. Tuttavia, sottolinea il money manager, con l’output gap che si sta riducendo e con una politica fiscale più consistente, è solo questione di tempo prima che Powell si trovi a dover prendere decisioni più difficili che potrebbero davvero turbare la Casa Bianca.