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Pir, tra luci e ombre

22/05/2018

Presentata alla sede della Camera di Commercio di Milano, nell'ambito del Focus PMI 2018 ideato e promosso da LS Lexjus Sinacta, la ricerca di Prometeia sui Pir, i Piani individuali di risparmio nati per sostenere il rilancio delle piccole e medie imprese made in Italy sul territorio nazionale e internazionale.

Per Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanuml'instabilità politica ma anche la scarsa conoscenza dei Pir non aiuta la crescita dei nuovi Piani individuali di investimento, che invece costituiscono uno strumento chiave per lo sviluppo e inserimento anche delle realtà più piccole all'interno di mercati internazionali. Secondo Carlo Robiglio, presidente di Piccola Industria Confindustria, inoltre, questo strumento nel corso del 2017 ha ottenuto un successo straordinario, molto oltre le aspettative. Ora la priorità è fare in modo che questa enorme liquidità arrivi davvero alle piccole e medie imprese. «Perché ciò accada, però», afferma «le piccole e medie imprese italiane devono necessariamente attrezzarsi, cambiare, rafforzare la governance, imparare a dialogare con gli operatori del mercato valorizzando tutti gli asset, soprattutto quelli intangibili, e mettere al centro il capitale umano e la formazione. Bisogna rimboccarsi le maniche per rendere i Pir un vero strumento di rilancio per la crescita del sistema industriale italiano». 

Secondo i parametri stilati da Prometeia nella ricerca illustrata, a 10 anni dalla grande crisi, il numero delle aziende italiane con un massimo di 50 milioni di euro di fatturato si attesta a 158 mila unità, con un'incidenza del 29% sul valore della produzione dell'economia nazionale (la più elevata tra le principali economie europee). Stupisce il fatto che la crescita media annua delle PMI italiane nel 2014-2016 sia stata più del doppio rispetto al totale delle imprese, mentre l'indice Roi medio delle PMI italiane nel 2016, in avanzamento da cinque anni consecutivi, è in ritardo di circa 1,5 punti rispetto ai livelli del 2007. 

La crescita della tecnologia 4.0 è sicuramente un dato esponenziale che ha portato numerose imprese a risollevarsi a livello internazionale: su un'analisi di 28.340 brevetti realizzati tra 1997-2016 si è registrato un loro aumento globale del 28%, mentre l'Italia, rispetto ai competitor internazionali, è solo al 14° posto, nonostante la sua specializzazione sia elevata nella robotica e nell'additive manufacturing, e si può stimare un progresso nel settore solo del 3% nei prossimi anni. Questo porta alla considerazione che le PMI italiane dovranno investire significativamente sul proprio capitale tecnologico per poter continuare a competere sui mercati internazionali e per non essere spiazzate dai concorrenti sul mercato domestico. In loro aiuto possono intervenire dunque i Piani individuali di investimento che, a un solo anno dalla nascita, hanno visto confluire 4,5 miliardi di euro nelle imprese italiane non quotate sul Ftse Mib, nonostante la loro conoscenza sia ancora limitata e possa riservare ampi margini di diffusione.

Nel 2017 i Pir hanno rappresentato quasi il 15% dei flussi investiti dalle famiglie, percentuale non fantasmagorica soprattutto per la bassa familiarità con il prodotto. La possibilità di investire più di 30 mila euro l'anno, inoltre, aumenterebbe di circa il 3% l'interesse dei nuclei con patrimonio superiore a 25 mila (a svantaggio dei non interessati), mentre tale aumento potrebbe toccare il 5% per i nuclei oltre i 100 mila euro.
Secondo le stime Prometeia, le imprese della classe di fatturato di 50-500 milioni e con classe di merito medio-alta, target ideale dei Pir, denotano un funding gap potenziale di 33 miliardi di euro. Con investimento minimo del 21%, l'offerta complessiva di Pir investiti su queste imprese potrebbe così raggiungere i 157 miliardi di euro, a fronte di una domanda potenziale dei risparmiatori che potrebbe arrivare fino a 88 miliardi di euro.

A cura di: Massimiliano D'Amico

Parole chiave:

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