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Corea del Nord, Fed e Bce nell’agenda della settimana
Dopo settanta anni di scontri a distanza e tensioni tra i due paesi, il presidente statunitense Donald Trump e Kim Jong Un, il leader della Corea del Nord, saranno protagonisti di uno storico incontro.
I dubbi sulla buona riuscita del summit rappresentano una delle variabili chiave per spiegare la maggiore volatilità dei mercati finanziari.
La speranza è che il summit possa contribuire ad allentare la tensione che aleggia sul mondo dall’agosto 2017, quando Kim annunciò il programma nordcoreano di prove missilistiche che ha messo in allerta tutti i paesi vicini (Russia, Giappone e Cina su tutti).
Mercoledì 13 giugno la Federal Reserve annuncerà la sua decisione in materia di tassi d’interesse dopo la riunione di due giorni dedicata ai temi di politica monetaria. Gli operatori di mercato danno una probabilità dell’86% all’annuncio di un rialzo del costo del denaro di un quarto di punto (in tal caso il range di riferimento per i tassi ufficiali statunitensi si posizionerebbe all’1,75%-2%).
Si tratterebbe del secondo rialzo dell’anno, al quale se ne potrebbe aggiungere un altro della stessa entità nel quarto trimestre. Tuttavia, l’aumento delle tensioni politiche e commerciali ha fatto scendere al 30% le probabilità di assistere a un ultimo rialzo entro la fine del 2018.
Negli Usa, nonostante gli ordini abbiano registrato un calo per la componente volatile, siamo al decimo mese consecutivo di crescita tonica per la componente “core”. Gli investimenti sono stimolati dalle liberalizzazioni e dalla riforma fiscale dell’amministrazione Trump, come anche dal pieno assorbimento della capacità produttiva che rende necessario il potenziamento per soddisfare la crescente domanda. I Pmi, ai massimi pluriennali, e l’Ism non manifatturiero, in espansione per il centesimo mese consecutivo, hanno evidenziato una dirompente accelerazione delle attività, con i posti vacanti al record assoluto della serie e le richieste di disoccupazione prossime ai minimi, che permettono un consolidamento ai massimi del benessere dei consumatori.
Il giorno dopo –giovedì 14 giugno- sarà il turno della Banca Centrale Europea, che si pronuncerà sui prossimi passi di politica monetaria, dopo che alcuni membri del board hanno recentemente confermato che tra gli argomenti in esame ci dovrebbe essere anche la ritirata degli stimoli monetari non convenzionali (quantitative easing). La delicata situazione politica italiana, le crescenti tensioni commerciali e il rallentamento degli indicatori del ciclo economico dell’eurozona, potrebbero svolgere un ruolo di primo piano nelle decisioni di Mario Draghi e del board della Bce. Nell’area euro la fiducia degli investitori ha visto il calo maggiore dal 9/14 ed è arrivata a toccare i minimi dal 10/16.
L’accresciuta volatilità dei mercati, la prospettiva di politiche monetarie meno accomodanti, l’aumento delle tensioni politiche e commerciali e di ondate populiste contribuiscono a deprimere in negativo la componente aspettative. Nonostante il progredire della crescita e la svalutazione superiore al 3% m/m dell’Euro, la crescita tendenziale dei prezzi alla produzione si riduce e si registra una ripresa solo moderata delle vendite. I dati finali dei Pmi confermano le anticipazioni di attività in decelerazione da aprile. Il dato finale del Pil del primo trimestre conferma la decelerazione per via di un calo degli investimenti e del net export, solo in parte compensati dall’accumulo scorte.