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Dietro i dazi si nasconde il problema debito
Gli Stati Uniti devono gestire un debito che avrebbe bisogno di una riduzione consistente. I dazi sono la soluzione indiretta scelta da Trump per provare a gestire il problema.
I dazi americani, volti a sostenere l'indebitamento Usa, colpiranno certamente anche l'Europa. I mercati più esposti a tali eventi hanno già iniziato a subirne le conseguenze: le borse europee e dei Paesi emergenti sono entrati in una fase ribassista e mi aspetto un ulteriore cedimento del 7%-8% dai livelli attuali. È l'analisi di Maurizio Novelli, gestore del fondo Lemanik Global Strategy. Secondo il manager, la crescita statunitense nel secondo trimestre segnerà un +3%, mettendo pressione sul dollaro e favorendo un ritorno dell'oro a quota 1.300 dollari per oncia.
Ormai la posizione netta del sistema Usa evidenzia un passivo con l'estero pari al 45% del Pil contro il 22% del 2007. L'America ha un disperato bisogno di ridurre questo debito ma non può aumentare il risparmio interno, altrimenti la frenata dei consumi, che sostengono il 75% del Pil, produrrebbe una recessione. Da qui l'idea perseguita dall'amministrazione Trump di canalizzare questi consumi su una produzione interna che quasi non esiste più, perché l'America ha delocalizzato in Asia, Messico e Canada.
Secondo il team di Lemanik, i dazi sono finalizzati a spingere Germania e Cina a stimolare i consumi interni per aumentare l'import dagli Stati Uniti e ridurre un disavanzo in crescita inarrestabile. La Cina ha però un debito interno molto elevato e non è nella condizione di stimolare più di tanto la domanda interna. Anche per quanto riguarda l'Europa, la speranza che i dazi Usa possano indurla a spingere sui consumi e sul debito per sostenere la crescita mondiale rischia di essere una pura illusione.
La Cina ha un debito interno del 370% del Pil. La domanda interna dipende in prevalenza da investimenti pubblici e non può crescere più di quanto stia facendo ora senza far salire ulteriormente il debito. Se la Cina volesse invece stimolare i consumi privati avrebbe bisogno di ridurre il suo risparmio interno, che attualmente finanzia una parte importante del debito americano. Il piano di Trump si scontra inesorabilmente con questo meccanismo e rischia di interrompere i flussi di capitale e risparmio cinese verso l'indebitato sistema Usa. Al contempo, tutta l'area Euro è impegnata in un complesso e lungo processo di convergenza mirato a mettere il debito sotto controllo e non a farlo crescere. Gli Stati Uniti stanno facendo pressioni perché non lo facciano, obbligando a spingere sui consumi.
Le Borse europee e dei Paesi emergenti stanno subendo questa situazione e sono entrate in una fase ribassista. Dai livelli attuali, il team di Lemanik si aspetta un ulteriore cedimento del 7%-8%, mentre un eventuale recupero non riuscirà a raggiungere i livelli di massimo relativo visti a inizio anno. Gli Stati Uniti credono per ora di poter reggere da soli grazie a politiche fiscali che di espansivo hanno ben poco, mentre nella realtà nulla di strutturale è stato fatto e si è cercato solo di spingere la soglia del debito ancora più in alto.
Questo trimestre il Pil americano segnerà un tasso di espansione su base annua del 3% circa, ma si tratterà di un picco ciclico trimestrale destinato a ricadere nel trimestre successivo. Questo fenomeno rimetterà il dollaro sotto pressione, dando un po' di respiro agli emergenti, facendo recuperare i prezzi dell'oro a 1300 ma tenendo in territorio ribassista le borse UE.