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Turchia e Argentina, una navigazione difficile
Buenos Aires e Ankara stanno viendo un periodo di estrema difficoltà legato in larga parte all’incapacità di prendere misure tali da frenare la forte accelerazione dei prezzi al consumo
In Argentina, l’amministrazione Macri ha tagliato i tassi verso la fine del 2017, fiduciosa che tale misura fosse in grado di ridurre l’inflazione, tenendo anche conto dell’effetto delle elezioni del 2019. Il problema, secondo gli analisti di Pictet, è che si è mossa troppo presto, causando una perdita di fiducia degli investitori nella banca centrale, forzata ad aumentare i tassi di circa il 13% per porre un freno al declino della valuta argentina.
Questo, insieme ad altri errori di politica monetaria, è costato il posto al governatore della banca centrale e ha portato a bruciare ingenti quantità di riserve di valuta estera nel Paese. Le previsioni di crescita si sono praticamente dimezzate e l’Argentina ha dovuto richiedere il bailout al FMI. Tuttavia, la casa d’investimenti elvetica crede che la situazione possa ristabilizzarsi, a patto che il governo si impegni a combattere l’inflazione nel medio termine. Le necessarie riforme fiscali sono giustificate, ma richiederanno una certa forza politica, specialmente perché sono esse stesse misure inflazionistiche. Pictet crede anche che l’Argentina debba stabilire un range target per l’inflazione più credibile, più alto del corrente 15%.
Gli esperti della Sgr si mostrano decisamente meno ottimisti sulla Turchia sotto la Presidenza del ri-eletto Erdogan. In primo luogo, è presente un ampio e cronico deficit delle partite correnti. Il settore private in Turchia (famiglie e società insieme) è altamente indebitato, a causa di un alto consumo domestico e un basso tasso di risparmio. Il Paese non ha altra scelta se non quella di finanziare ilsuo deficit delle partite correnti soprattutto con investimenti esteri e, in particolare, in Usd, Eur e Jpy, dato che gli investitori stranieri hanno perso fiducia nella lira turca.
In aggiunta al suo squilibrio esterno, il principale difetto a livello domestico è rappresentato dall’alta inflazione, sopra il 15% e su un trend piuttosto pendente. Questo è dovuto alla debolezza cronica della lira (il cui valore è sceso di ben il 56% contro il dollaro da inizio anno e all’aumento dei prezzi nel settore energetico.
Con l’inflazione attesa in aumento, seguendo la svalutazione della lira, una politica monetaria restrittiva diventa necessaria e in maniera piuttosto urgente. Tuttavia, la banca centrale (CBRT) ha deluso, dato ilsuo rifiuto ad aumentare i tassi nel mese di luglio.
Diversamente dall’Argentina, Pictet ha una scarsa fiducia nel fatto che il regime politico turco faccia le giuste scelte per l’economia. Un focus su misure di incentivo alla crescita, invece che di controllo dell’inflazione, sembrano essere dannose per la politica monetaria. In aggiunta a quanto detto, il team sostiene che la decisione di Erdogan di nominare il genero a capo del Ministero delle Finanze e del Tesoro fa alzare seri dubbi sull’indipendenza della banca centrale. In definitiva, Pictet pensa che le debolezze macroeconomiche della Turchia, insieme alle problematiche politiche, pongano il Paese prossimo a un punto di rottura, che può sfociare in una crisi piuttosto grave della bilancia dei pagamenti.