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Crescita, in Europa si salva solo la Spagna
Il report dedicato alle prospettive di crescita mondiale ha lanciato un avviso sui rischi di decelerazione dell’attività economica dopo i picchi post crisi dell’anno scorso. Se prima è stata la Banca Mondiale a rivedere le sue proiezioni per il futuro dell’economia planetaria, ora è l'FMI.
Il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato il report dedicato alle prospettive di crescita mondiale. L’Istituzione lancia un avviso ai naviganti sui rischi di decelerazione dell’attività economica dopo i picchi post crisi toccati l’anno scorso.
Se poco tempo era stata la Banca Mondiale a rivedere le sue proiezioni per il futuro dell’economia planetaria, ora è arrivato il turno del Fondo Monetario Internazionale, istituzione tanto discussa per il suo operato ma anche più volte utile nel riivestire il ruolo scomodo di prestatore di ultima istanza (con interventi da ultima spiaggia spalmati sulle spalle di molti Stati, che hanno evotato una pericolosa ondata di default o di ‘colonizzazioni economiche’ travestite da salvataggi).
L’analisi dei dati pubblicati dall’Fmi evidenzia un rallentamento generalizzato per i paesi industrializzati. Il Vecchio Continente sembra destinato a fare i conti con la decelerazione della locomotiva tedesca. In siffatto contesto, l’unica tra le grandi economie europee a mantenere salda la rotta della crescita è la Spagna. Le stime per Madrid includono una variazione del Pil del 2,2% per l’anno in corso e dell’1,9% nel 2020. L’equipe guidata da Gita Gopinath, nuova capo economista dell’istituzione, ha rivisto al ribasso sensibilmente le aspettative di crescita per le principali economie europee (e per l’Eurozona in particolare). Nel report si evidenzia come sia stata proprio la stima di performance deludenti da parte del gruppo dell’Eurozona a far spostare l’ago della bilancia mondiale verso il basso.
La delusione più grande è arrivata dalla Germania, dove i problemi del settore automotive, legati alla revisione degli standard sulle emissioni, una debole produzione industriale e la frenata della domanda esterna, influiranno sulla crescita del 2019. L’altro tallone d’Achille è rappresentato dall’Italia, dove i rischi sovrani e finanziari e le loro interconnessioni si sommano agli ostacoli tradizionali della sua crescita anemica.
Questo mix di fattori negativi determinerà una crescita per l’eurozona dell’1,6% nel 2019, tre decimi in meno rispetto a quanto stimato lo scorso ottobre, e dell’1,7% nel 2020 (praticamente invariata rispetto all’ultima edizione del report). Per l’esercizio appena iniziato, la locomotiva tedesca soffre un taglio della crescita del Pil di circa mezzo punto –sei decimi per l’esattezza- che riduce l’incremento annuo all’1,3%. Nel caso della Francia, la riduzione è dolo di un decimo per una variazione del Pil che si attesta all’1,5% a causa anche delle proteste di piazza. Per il Bel Paese il taglio delle stime di crescita è dello 0,4% e la variazione stimata del Pil per il 2019 è dello 0,6%. Nel caso italiano, tra i fattori di rischio sottolineati dal report resta il differenziale di rendimento con i Bund decennali tedeschi. Un periodo prolungato di rendimenti elevati per i Btp potrebbe scatenare una maggiore pressione sugli istituti di credito italiani, trasferendo gli effetti negativi all’attività economica e alla dinamica complessiva del debito.
Le accresciute probabilità di una hard Brexit e l’espansione del fronte politico degli euroscettici in vista delle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, rappresentano un rischio ulteriore per l’evoluzione dell’economia del Vecchio Continente. A livello planetario, la variazione del Pil si attesterà al 3,5% nel 2019 e al 3,6% nel 2020 (le stime includono un taglio dello 0,2% per l’esercizio in corso e dello 0,1% per il prossimo anno).