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Cina: crescita oltre le attese, ma il motore della ripresa resta fragile
La crisi immobiliare perdura con domanda debole e eccesso di offerta, riducendo l’efficacia delle politiche monetarie e fiscali. La deflazione persiste, comprimendo la dinamica dei prezzi e ostacolando una crescita stabile. Il Governo interviene per ridurre l’eccesso di capacità produttiva.

La crescita cinese continua a riservare sorprese, ma il quadro complessivo – soprattutto sul medio periodo – resta complesso. Nel secondo trimestre il Pil ha registrato un brillante +1,1% congiunturale, spingendo le stime di crescita per l’intero 2025 al 4,6%: un quadro – afferma David Rees, head of global economics di Schroders – migliore rispetto alle previsioni iniziali della stessa società di gestione patrimoniale. Tuttavia, spiega, dietro questa accelerazione si celano alcuni punti critici, alimentati da squilibri strutturali e tensioni che rischiano di rallentare nuovamente la seconda economia mondiale nei prossimi mesi.
Cina: consumi ed export trainano la ripresa
A trainare la ripresa tra aprile e giugno sono stati soprattutto i consumi interni, sostenuti dai programmi di permuta promossi dal Governo cinese e le esportazioni manifatturiere, favorite dalla sospensione temporanea dei dazi statunitensi, balzati al 145% e poi ridotti al 10%. Questo allentamento ha offerto respiro agli scambi con Washington, consentendo alle aziende locali di anticipare ordini e spedizioni. Si tratta però di un beneficio transitorio: la sospensione scadrà infatti a novembre e gli analisti ipotizzano che, in assenza di un accordo, possano entrare in vigore tariffe aggiuntive del 30% sull’export verso gli Usa.
Immobiliare cinese: la zavorra della ripresa
Sul piano interno all’economia del ‘Dragone’, secondo Rees, il principale ostacolo resta la crisi immobiliare, iniziata nel 2021 e mai realmente superata. Il settore, nonostante timidi segnali di stabilizzazione, continua infatti a soffrire di eccesso di offerta nelle città di seconda fascia e di una domanda strutturalmente debole. Gli incentivi messi in campo dal Governo (che hanno compreso i sussidi per i prestiti al consumo e gli aiuti per l’infanzia) al momento non sembrano sufficienti a far invertire la tendenza, anche perché la domanda di credito privato resta stagnante, rendendo la politica monetaria meno incisiva.
Commercio globale cinese e prospettive caute
A tutto ciò si aggiunge un quadro internazionale che non lascia presagire un rapido aumento della domanda estera. Gli indicatori anticipatori segnalano infatti un raffreddamento dell’export, in parte legato al ciclo globale e in parte al venir meno della spinta derivante dall’export anticipato verso gli Usa. Il quadro che emerge è quindi quello di un’economia resiliente ma intrappolata tra stimoli pubblici a efficacia decrescente e squilibri interni persistenti. Se in passato si attendeva un balzo più deciso dopo la fase di tensioni commerciali, oggi le stime appaiono più caute: in Schroders per il 2026 stimano una crescita intorno al 4,2%.
Cina: deflazione e rischi sui mercati
La sfida maggiore resta la deflazione. Nel secondo trimestre il deflatore del Pil è sceso ulteriormente in territorio negativo, segnale che la dinamica dei prezzi rimane compressa e che difficilmente si assisterà a un’accelerazione del Pil nominale, condizione storicamente necessaria per sostenere i mercati e gli investimenti. In definitiva, la Cina mostra ancora una capacità di resistenza superiore alle attese, ma la strada verso una crescita solida e duratura appare segnata da ostacoli difficili da rimuovere: crisi del settore immobiliare, dipendenza da stimoli fiscali e monetari e una congiuntura internazionale fragile.
Cina: il nodo dell’involuzione industriale
Nel frattempo, il Paese affronta la riforma del sistema industriale, aspetto direttamente legato all’inflazione. Pechino intende intervenire sul sistema che alimenta la competizione esasperata e che spinge le imprese a produrre di più e a tagliare i prezzi: strategia che comprime i margini in settori come auto elettriche, solare, acciaio e logistica. Per contrastare tale fenomeno, Pechino ha avviato una campagna che ha l’obiettivo di ridurre l’eccesso di capacità produttiva e riportare equilibrio nei comparti chiave.