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Covid19: metà degli italiani disposta a vaccinarsi subito
La propensione a vaccinarsi subito contro il Covid-19 riguarda il 50% degli italiani e oltre 1/3 sarebbe disposto a vaccinarsi sia contro il coronavirus sia contro l’influenza. L’emergenza sanitaria ha fatto salire ai primi posti il tema scuola, mentre cresce la fiducia negli insegnanti.
Se entro quest’anno fosse disponibile il vaccino anti-Covid, metà degli italiani si vaccinerebbe subito, anche se buona parte di essi è convinta che l’antidoto non sarà disponibile prima di giugno 2021. Nella settimana dello stop alla sperimentazione di AstraZeneca, a tenere banco nel nostro Paese è il tema vaccini, che continua comunque a essere un argomento divisivo. È quanto emerge dal Radar Swg (sondaggio condotto tra il 7 e il 13/9), secondo cui la propensione a vaccinarsi subito contro il Covid-19 riguarda il 50% dei cittadini, e oltre un terzo sarebbe disposto a vaccinarsi sia contro il coronavirus sia contro l’influenza.
I contrari temono che non sia stato abbastanza testato
L’altra metà, quelli contrari alla vaccinazione, spiega la propria resistenza soprattutto con il timore che il vaccino non sia stato sufficientemente testato e quindi non sia sicuro (65%), la preoccupazione per gli eventuali effetti collaterali (51%) e anche con il fatto che l’antidoto sia semplicemente inefficace. Da rilevare, comunque, che un’ampia maggioranza dei cittadini (64%), date le circostanze di questo inverno, ritiene inoltre opportuna una campagna di sensibilizzazione eccezionale che inviti tutta la popolazione a vaccinarsi contro l’influenza. Dall’altra parte un quarto degli intervistati rifiuterebbe entrambi i vaccini.
Per il 44% il vaccino arriverà solo a giugno 2021
La notizia che il gruppo AstraZeneca ha sospeso la sperimentazione clinica in fase avanzata del vaccino contro il Covid-19 ha influenzato il parere degli italiani sui tempi dell’arrivo dell’antidoto. La maggioranza (44%) ritiene che non possa arrivare prima della metà del prossimo anno. A ruota, con il 26%, chi lo attende per la prossima primavera. I più ottimisti (4%) entro l’autunno e i più pessimisti (5%) mai.
Le conseguenze della pandemia nel contesto europeo
Al fine di inquadrare gli atteggiamenti rispetto all’emergenza coronavirus in un quadro internazionale, SWG ha svolto un’indagine comparativa sulle prospettive socio-economiche per come vengono percepite in Italia, Germania, Francia e Polonia. I dati mostrano una convergenza dei maggiori Paesi Ue nella convinzione che non potremo tornare agli stili di vita pre-Covid e che vi sarà uno spostamento permanente di molte attività dalla modalità fisica a quella online. Per il 37% degli italiani è cresciuta l’attenzione alle origini dei prodotti acquistati, percentuale sensibilmente più alta rispetto a Germania e Polonia, ma sono i francesi (50%) a dimostrare di aver incrementato maggiormente l’interesse per i luoghi di produzione. Gli italiani sono invece i più preoccupati che la pandemia possa innescare una crisi globale: a ritenerlo è il 68%, contro il 62-64% di francesi, tedeschi e polacchi. E sono sempre gli italiani che dimostrano la maggiore disponibilità a vaccinarsi (50% i tedeschi, 46% i francesi e 39% i polacchi).
La scuola, una delle principali preoccupazioni
Con la ripartenza della scuola è aumentata sensibilmente l’importanza che gli italiani attribuiscono a questa istituzione e, per questo, viene indicata dal 26% come uno dei tre problemi che destano maggiore preoccupazione (erano al 6% nel 2019), a causa soprattutto del Covid. La scuola italiana è sì oggetto di diffuse critiche, ma non sono i docenti gli imputati: cresce infatti sensibilmente (al 70%) la fiducia negli insegnanti (era al 56% nel 2018) e il riconoscimento delle loro competenze (la sfiducia su questo punto è scesa al 52% dal 62% dello scorso anno). Quanto alla riapertura, il 55% ritiene che sarebbe stato meglio attendere la fine delle elezioni. Per quello che concerne le misure di sicurezza adottate nelle scuole, risultano essere ancora poco chiare alla gran parte, ma circa la metà le approva, a fronte di un 30% che le giudica insufficienti o sbagliate.