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Recovery Fund: accordo storico ma non è bacchetta magica
L’intesa raggiunta dai membri dell'Unione europea sul Recovery Fund e sul NGEU era impensabile prima della pandemia da coronavirus. L’accordo tuttavia, stimano gli analisti di T. Rowe Price, non è la bacchetta magica che può risolvere tutti i problemi dell’Ue
Il Recovery Fund da 750 miliardi di euro dell’Unione Europea rappresenta un’imponente mossa storica e un possibile primo passo verso l’integrazione fiscale del blocco. Tuttavia, non é una formula magica in grado di sostenere la crescita di lungo termine o di far scomparire il macigno del debito che opprime i Paesi dell’Europa periferica. Lo sostiene Tomasz Wieladek, international economist di T. Rowe Price, secondo cui queste problematiche richiederanno soluzioni di lungo periodo. La sostenbilità del debito pubblico nel medio periodo continuerà infatti a essere una sfida chiave per molti Paesi periferici.
Intesa su fondo NGEU impensabile prima del coronavirus
In generale, ha osservato, l’accordo sul fondo Next Generation EU (NGEU) sarebbe stato impensabile prima della pandemia. Il deal dà a Bruxelles il potere di prendere in prestito dai mercati ingenti somme e utilizzarle a supporto dei bilanci degli Stati membri: 390 dei 750 miliardi previsti verranno distribuiti come sovvenzioni e non andranno ad aggravare i debiti governativi. Saranno concessi ai Paesi più bisognosi, ma per la prima volta la responsabilità del rimborso sarà condivisa dagli Stati membri. Questi aiuti però non saranno ‘gratuiti’, ma legate ai piani nazionali di ripresa che saranno valutati dalla Commissione Europea.
Conte, l’Italia si gioca la credibilità
L’esborso, infatti, sarà soggetto al raggiungimento dei target e potrà essere sospeso se gli obiettivi verranno disattesi. Per questo, ha tenuto a sottolineare il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con il Recovery Fund ci giochiamo la credibilità interna nei confronti delle famiglie e quella dell’Italia in Europa. Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha assicurato che Roma sta lavorando per fare presto e bene con l’intenzione di non aspettare la scadenza di aprile. L’auspicio è di partire formalmente con la presentazione ufficiale del progetto fin dal primo giorno della pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
Banca d’Italia, dagli aiuti ricadute fino al 3% del Pil
Intanto da Banca d’Italia arrivano le prime stime sull’impatto che il Recovery Fund avrà sulla congiuntura del nostro Paese. I 209 miliardi di euro degli aiuti per la ripresa post-Covid, secondo quanto ha affermato Fabrizio Balassone – capo dei servizi della struttura di Via Nazionale - in un’audizione alla Camera, potrebbero generare ricadute comprese tra l’1,5 e il 3% (entro il 2025). Per ricevere questi benefici, che potrebbero essere significativi, l'Italia deve però compiere uno sforzo straordinario nell'attività di pianificazione e una capacità di realizzazione che non sempre ha dimostrato di possedere.
T. Rowe Price, perché questo accordo è diverso
Tornando all’analisi dell’economista di T. Rowe Price, il fatto che l’accordo (sul Recovery Fund) di tale portata sia stato firmato dopo solo un round di negoziati è stato sorprendente rispetto al passato. Ma perché è stato diverso ed è stato possibile? Per più motivi. Primo, i leader europei hanno imparato che rimandare le decisioni può comportare soluzioni più onerose. Secondo, la Cancelliera tedesca Angela Merkel, attualmente alla Presidenza, ha forti poteri di persuasione. Terzo, i negoziati sono avvenuti in contemporanea a quelli sul bilancio UE, rendendo possibili le concessioni finanziarie necessarie.
L’uscita del Regno Unito ha spostato la bilancia a Sud
Infine, è stato il primo summit rilevante senza la partecipazione del Regno Unito. Tale assenza ha comportato uno spostamento del potere politico dai Paesi del Nord a quelli del Sud Europa, rendendo più difficoltosa l’imposizione di ostacoli alle spese. L’NGEU, inoltre, ha senso sia da una prospettiva di bilancio sia in chiave politica: una risposta fiscale forte e sincronizzata aiuterà a sostenere l’economia europea e a limitare la portata dei deficit fiscali futuri. Il fondo tuttavia non può rappresentare una bacchetta magica e non risolverà automaticamente tutti i maggiori problemi strutturali accusati dall’Unione europea.
I dubbi sui Governi futuri
Sebbene le sovvenzioni saranno legate alle riforme macroeconomiche in principio, non è chiaro – sottolinea ancora Wieladek - se tali riforme saranno sufficientemente ambiziose per aiutare i Paesi a generare un potenziale di crescita di lungo termine più elevato. All’opposto, l’implementazione delle riforme potrebbe peggiorare la situazione nel breve periodo. E comunque, aggiunge, idealmente i capitali saranno dispiegati ‘oggi’ a fronte della promessa credibile di attuare le riforme fra cinque anni. Ma qualsiasi promessa rischia di mancare di credibilità, dato che è difficile per i Governi di oggi stabilire cosa faranno quelli futuri.