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Qe e svalutazione dell'euro basteranno a rilanciare gli utili europei?
Una volta assodato che gli effetti del Qe sull'economia europea si ripercuotono in maniera decisiva e reale sui mercati azionari, vale la pena di tentare di dare un'occhiata a quelli che potrebbero essere i trend futuri. Come si è potuto notare, più e più volte, dopo le riunioni della Bce e le parole di Draghi i listini equity continentali hanno sempre evidenziato un forte rialzo dei corsi. Va detto che, per ciò che si è visto finora, i risultati in termini di profitti trimestrali non appaiono entusiasmanti, perciò la prima domanda da porsi, in termini molto semplici, è se l'euro più basso, l'acquisto di titoli e l'aumento del credito erogato aumenteranno in maniera significativa gli utili il prossimo anno, giustificando così l'andamento degli acquisti attuale.
Da questo punto di vista, tutto sommato sorprendentemente, non si può fare a meno di notare un certo scetticismo tra gli investitori. La cautela deriva essenzialmente da una considerazione: è vero che la politica monetaria europea è molto indietro rispetto al ciclo globale e sta adesso recuperando velocemente, ma è altrettanto indubbio che lo stato dell'economia mondiale è tutt'altro che entusiasmante, con il rischio dunque di vedere una compensazione fra i due effetti. Questa dicotomia si potrebbe sintetizzare spiegando che le manovre della Bce potranno senz’altro ridurre gli effetti negativi provenienti dal rallentamento dei mercati emergenti e, agendo sull’euro, favorire la competitività delle aziende dell’area nel commercio globale. Il recente recupero degli aggregati di credito alle imprese a costi di finanziamento più bassi contribuirà anch’esso a sostenere il conto economico delle società. Tuttavia, allo stato attuale non sembra vedersi un effetto diretto estremamente consistente da parte del Qe sugli utili.
In pratica gli effetti rilevanti sui profitti si potrebbero avere in maniera significativa in quello che potrebbe essere definito come best-case scenario. Appare infatti interessante capire comunque quale potrebbe essere il maggiore effetto del quantitative easing a livello di conti societari. Sull’argomento le maggiori attenzioni sembrano concentrarsi sul ribasso dell'euro, come abbiamo visto uno degli obiettivi principali di Francoforte.
A questo punto vanno fatte un paio di considerazioni: innanzitutto l'indebolimento della moneta europea deve continuare, perché probabilmente il grosso del suo impatto sui conti economici delle aziende si è già fatto sentire. Inoltre questo fattore, sempre in un'Europa che sta andando ad assomigliare sempre più al Giappone, si è manifestato soprattutto attraverso un effetto di traslazione monetaria più che con un aumento dei volumi di vendita. Bisogna sottolineare infatti che la debolezza dell'euro derivante dalle dimensioni del Qe ha aiutato gli utili nel 2015 grazie a un effetto di traslazione valutaria per le società a esposizione internazionale. Alcune aziende che hanno registrato profitti in aumento quest'anno avrebbero infatti visto questi ultimi e i margini declinare se la moneta unica non fosse crollata. E con l'attuale tasso di cambio euro/dollaro non ci saranno benefici dalla riconversione in euro per gli utili 2016. Anche se alla fin fine le manovre di Draghi&Co. non dovessero avere un effetto enorme sui conti economici europei, va comunque aggiunto che l'ottimismo nei confronti dell'equity continentale rimane decisamente elevato. Le ragioni che stanno dietro il fenomeno possono essere sintetizzate nelle prospettive di rientro di un equity risk premium che rimane comunque attraente rispetto ad altre piazze e ad altre asset class.