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Superdollaro, super Wall Street
Nella settimana del giorno del Ringraziamento e del black friday dello shopping selvaggio in Usa, si può dire che sono proseguiti i movimenti visti nelle scorse settimane. Il dollaro continua infatti a mostrare una forza enorme, con il Dollar index arrivato a quota 102, stabilendo un nuovo record dai primi anni 2000. Contemporaneamente il rendimento del decennale statunitense ha toccato i massimi da metà 2015, portandosi sopra il 2,40%.
Contemporaneamente l'S&P 500 è riuscito per la prima volta a chiudere sopra 2.200, mettendo a segno l'ennesimo massimo storico. Il dollaro e alcune parti dell'equity Usa sembrano oggi dotati di una vita propria che non si materializza in altri mercati. Alcuni dei principali indici azionari europei, infatti, quali il Dax 30 e il Cac 40, fanno ancora fatica a portarsi in territorio positivo per il 2016. L'indice pan-europeo per eccellenza, lo Stoxx 600, è anch'esso negativo dall'inizio dell'anno e soprattutto l'effetto elezioni americane è stato molto più attenuato.
Infatti sostanzialmente lo Stoxx 600 è rientrato nel trading range fra 335 e 345, che ha caratterizzato l'andamento a partire dalla scorsa estate e sotto il quale si era portato nelle sessioni precedenti il 9 novembre. Ma si tratta di un trend di lungo periodo: infatti a partire dal 2008 gli Usa stanno continuando a sovraperformare l'Europa, Germania inclusa. L'azionario del Vecchio continente tende a calare di più nei momenti di crisi, a crescere di meno nelle fasi di bassa volatilità implicita e a sovraperformare solo in seguito ai rialzi post-crash.
La settimana ha visto una discreta ripresa anche per l'azionario dei mercati emergenti, dopo giorni difficili. Se calcoliamo la performance in dollari dell'Msci emerging markets nell'ultimo anno, scopriamo che c'è stata una crescita solamente del 2% circa, anche se ciò è stato dovuto in buona parte al disastroso inizio del 2016. Nell'ambito degli emergenti sta mostrando interessanti segnali di recupero la Cina, il cui benchmark principale, lo Shanghai composite, è ai massimi dai primissimi giorni di inizio anno.
La performance in valuta locale, cui va sottratta la svalutazione dello yuan, è ancora negativa del 7,8% circa; negli ultimi mesi, però, è stato messo a segno un recupero di oltre il 22% dai minimi invernali.
L'azionario dei listini del Dragone è ancora parzialmente isolato dagli investitori internazionali ed è alimentato in particolar modo dal capitale retail, con un free float molto inferiore rispetto alla capitalizzazione complessiva. A causa di questi elementi spesso l'equity di Shanghai, peraltro rispetto a Shenzhen più incentrato su tradizionali aziende di stato cinesi, è spesso risultato ampiamente decorrelato dal resto dei mercati mondiali. Solamente nella crisi del 2015-2016 il malessere cinese si è trasferito con prepotenza sui listini occidentali.
Il fatto che la seconda, forse prima economia del mondo, stia trovano un recupero di fiducia della propria base di investitori equity fa comunque ben sperare per quanto riguarda il futuro.
Nell'immediato la settimana entrante si presenta con una serie di dati economici in Usa: importanti quelli in ambito immobiliare (l'indice Case-Shiller sulla variazione di prezzo degli immobili nelle 20 maggiori aree metropolitane del paese) e a livello di consumi (vendite auto).
In conclusione, però, dopo un mese esatto dall'inizio della storica serie di ribassi consecutivi dell'azionario americano, cui ha fatto seguito il boom post Trump, l'S&P 500 si trova ora in rialzo dal 24 ottobre di circa il 2,5%.
In pratica è aumentata un po' la volatilità nell'azionario per tornare poi allo stesso andamento delle settimane precedenti, sperando che obbligazionario e dollaro riescano anch'essi a stabilizzarsi.