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Commodity, le attese per il 2017
Sembrerebbe ovvio imputare il repentino e violento rally dei prezzi dei metalli industriali cui abbiamo assistito nelle scorse settimane, alla vittoria di Trump nelle elezioni presidenziali americane e al suo dichiarato programma di abbassamento delle tasse e incremento della spesa pubblica per le infrastrutture.
Secondo Goldman Sachs invece questo rally rappresenta la continuazione di un trend di reflazione avviato dalle autorità cinesi a inizio 2016, con la messa in campo di misure di stimolo del credito per i progetti infrastrutturali e i tagli alla produzione di carbone, dove la Cina detiene il 50% del mercato. Anche se il recupero dei prezzi delle commodity è stato in qualche modo guidato dalla politica, e la vittoria di Trump aumenta le probabilità di ulteriori stimoli fiscali, si tratta di un contesto favorevole all'economia americana, che si trova oggi nella parte finale del ciclo congiunturale.
Storicamente, quando in Usa e in Cina si chiude il divario tra crescita potenziale e crescita effettiva (il cosiddetto output gap) e l'inflazione inizia a crescere, si ha un segnale di acquisto per le materie prime. Se è vero che la reazione impulsiva dei prezzi del rame e dei minerali ferrosi alla vittoria di Trump è stata sicuramente eccessiva, secondo Goldman Sachs dopo una pausa di metà ciclo il contesto è ora positivo per il mercato delle commodity, come confermato dalla nuova accelerazione registrata dagli indici Pmi globali.
Nel breve termine petrolio, gas naturale, zinco, carbone e nickel beneficeranno di uno scenario caratterizzato da un aumento della domanda ciclica in conseguenza di restrizioni nelle forniture dovute a iniziative di tipo politico (questo vale per petrolio, carbone e nickel) o contrazioni che hanno una causa economica (ad esempio per il gas naturale e per lo zinco). Pertanto gli analisti hanno rivisto al rialzo le previsioni sui ritorni dell'indice GSCI portandole a +9,0%/+11,0%/+6,0% per i prossimi 3/6/12 mesi dai precedenti -2,0%/+1,7/+8,3%, e raccomandano un sovrappeso sulle commodity sia a breve, per i prossimi tre mesi, sia a medio termine, per i prossimi dodici mesi.
E' convinzione comune che i rendimenti generati dalle materie prime come asset class siano strettamente legati al tasso di espansione economica. Pertanto, il rallentamento di metà ciclo al quale abbiamo assistito durante il 2016 induce gli investitori a pensare che l'investimento nelle commodity sia destinato a generare rendimenti mediocri.
In realtà le serie storiche contraddicono questo assunto: infatti storicamente dopo una pausa di metà ciclo le commodity hanno vissuto fasi prolungate di bull market, nelle quali hanno sovraperformato diverse asset class. La ragione è che i rendimenti delle commodity non dipendono tanto dal tasso di crescita economica, quanto dal rapporto tra domanda e offerta. La produzione di materie prime infatti è caratterizzata da una limitata capacità di incrementare l'output nel breve termine. Perciò le aziende del settore tendono a produrre in eccedenza quando il ciclo economico è ai minimi, ricostituendo le scorte e spingendo i prezzi al ribasso. Quando durante le fasi di espansione aumenta la domanda e l'offerta è limitata, le scorte si riducono e i prezzi tornano a salire.
La ripresa dei prezzi delle commodity è sicuramente una buona notizia per la crescita mondiale, perchè può contribuire a migliorare la salute del sistema finanziario a livello globale. Si è visto quali benefici finanziari ha ottenuto quest'anno la Cina dai prezzi più alti di carbone, materiali ferrosi e acciaio, che hanno ridotto i rischi di default delle aziende del settore maggiormente indebitate, mentre d'altro canto è evidente come i bassi prezzi del petrolio non abbiano fornito quella spinta alla ripresa economica che molti si sarebbero aspettati.
Secondo Goldman Sachs proprio un aumento del prezzo del petrolio aprirà la strada a un rialzo dei tassi da parte della Fed in un contesto finanziario più stabile. L'esatto opposto di quello che è accaduto nel 2016, quando il ribasso dei prezzi del greggio ha indebolito il sistema finanziario globale costringendo la Banca centrale americana ad adottare una politica ancora attendista.