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Crolla l’emissione di nuovi corporate bond in Europa
Neanche la Brexit era stata capace di tanto nel mercato obbligazionario europeo. Il voto britannico favorevole all’uscita dell’isola dall’UE ha frenato i mercati e paralizzato non poche operazioni, ma la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali di un paese che si trova a più di 6.000 km dal cuore Vecchio Continente è stata anche peggio.
Una fotografia scattata al mercato obbligazionario europeo può offrire un quadro preciso di quanto accaduto. Da inizio novembre, imprese e banche hanno collocato titoli di debito quotati in euro per un ammontare inferiore a 51.000 mln. Questo dato si traduce in una riduzione del volume complessivo di nuove emissioni del 44% rispetto allo stesso periodo del 2015 e del 51% rispetto allo stesso mese del 2014 (Fonte: Bloomberg). Nel 2016, le emissioni totali sono state le più basse dal 2007.
Chi è il responsabile di questo fenomeno? A margine dell’arrivo di Trump alla Casa Bianca e dei suoi effetti collaterali, gli esperti suddividono la responsabilità tra imprese e investitori. Da una parte c’è l’incertezza globale, che provoca un’elevata volatilità e la possibilità di assistere a una modifica sostanziale del programma di nuove emissioni da parte delle società.
A questo fattore si somma l’incremento dei rendimenti. Se gli Stati Uniti confermeranno di essere più propensi ad aumentare la spesa pubblica per finanziare un nuovo piano di investimenti nelle infrastrutture, è molto probabile che l’aumento dell’inflazione sarà accompagnato da un incremento dei tassi d’interesse più rapido e intenso del previsto. E nessuno crede che l’Europa resterà immune a tale movimento. Anzi, il mercato dei bond ha confermato che non lo è di certo.
Il rendimento dell’indice Bloomberg Barclays, che misura l’evoluzione dei bond in euro, si è impennato di quasi il 44% dall’inizio di novembre e questo coinvolge direttamente i costi di finanziamento sostenuti dalle aziende che, per ora, hanno optato per un atteggiamento attendista prima di lanciarsi nella presentazione di nuove emissioni. Solo le imprese dotate di un elevato livello di solvibilità e quelle più affamate di nuovi capitali stanno continuando a operare in un contesto così incerto.
Ma non sono solo le ragioni delle imprese ad aver alimentato il nuovo scenario. Anche i potenziali sottoscrittori di bond stanno lanciando dei chiari messaggi al mercato. L’appetito per i corporate bond ha subito un netto calo. Gli investitori istituzionali sembrano aver già coperto tutte le loro esigenze di portafoglio programmate per l’anno in corso e hanno scelto anche loro di adottare un approccio attendista in vista di un aumento dei rendimenti delle emissioni collocate nel 2017.
Dinanzi ai timori delle imprese e alla scommessa degli investitori sulla possibilità di raccogliere cedole più ricche nel 2017, le emissioni in euro caratterizzate da volumi più elevati sono state quelle della farmaceutica AbbVie (con il lancio di un bond in due tranche: una da 1.450 mln e l’altra da 1.400 mln) e da Credit Agricole con un bond da 1.500 mln.
Come sempre, non tutto il male viene per nuocere. L’inversione di rotta dei rendimenti potrebbe rappresentare una buona notizia per la Bce e il suo programma di acquisto titoli. I tassi negativi stavano assottigliando sempre più la quota di bond potenzialmente acquistabili dall’istituto guidato da Mario Draghi. Con il ritorno di tassi positivi, la Bce avrebbe la possibilità di ampliare il piano di stimoli senza dover modificare più di tanto le condizioni del suo programma.