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Promossi e bocciati in Europa

19/01/2017

La fitta agenda elettorale in Europa (a marzo elezioni in Olanda, ad aprile-maggio in Francia, a settembre in Germania e a maggio del prossimo anno in Italia), e la possibilità che dalle urne escano risultati inaspettati potrebbero causare bruschi cambiamenti politici in alcuni paesi dell’Eurozona, con conseguenti implicazioni sul loro rating sovrano. E’ quanto emerge dal report “Eurozone Sovereign Rating Trends 2017” pubblicato da S&P Global Ratings.

Tuttavia, secondo l’agenzia di rating, mentre non ci si può attendere una significativa convergenza di tipo politico e fiscale tra i diversi paesi dell’Ue, rimane fermo l’impegno comune per garantire la permanenza degli attuali membri all’interno dell’Eurozona.

Un eventuale abbandono dell’unione economica e monetaria europea da parte di un paese membro avrebbe implicazioni negative sulla sua stabilità economica e finanziaria. Come si è visto in Grecia nell’estate 2015, i risparmiatori difficilmente attendono pazientemente i risultati elettorali prima di coprirsi da eventuali cambiamenti politici.

Questa è la differenza principale rispetto alla Brexit: i costi derivanti da cambiamenti politici radicali dove è presente un’unione monetaria sono molto più alti. La vittoria elettorale del premier Syriza nel 2015 e il conseguente voltafaccia sulle politiche di bilancio e su altre misure ne è un esempio significativo: la fuga di capitali prima e dopo l’elezione di Tsipras ha contribuito alla crisi del sistema bancario greco che è costato circa il 9% del prodotto interno lordo del paese ellenico, insieme alla ricaduta in recessione della sua economia.

Con un valore delle esportazioni di beni e servizi che rappresenta il 28% del Pil totale dell’area (il doppio rispetto agli Stati Uniti e oltre il 10% in più rispetto al Giappone) l’Eurozona è la regione con l’economia maggiormente dipendente dall’export al mondo. Questo, secondo Frank Gill, analista di S&P, rende l'area euro più esposta rispetto ad altre economie avanzate nel caso di un ritorno di politiche di stampo protezionistico.

Uno shock esogeno avrebbe come conseguenza un rapido aumento della pressione fiscale sull'Ue, sollevando ancora una volta interrogativi sulla compatibilità dell'unione monetaria con il federalismo fiscale e politico. In passato, l'Eurozona ha saputo fare fronte comune davanti a shock esterni, come ha dimostrato recentemente con la Brexit, e le aspettative sono che questa solidarietà non verrà meno in futuro, tuttavia i rischi permangono, legati principalmente ai numerosi appuntamenti elettorali in programma nei prossimi mesi.

Il report di S&P Global Ratings ha analizzato19 paesi dell'Eurozona: Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, e Spagna. Di questi, S&P ha attribuito un rating investment grade ('BBB' o superiore) a 16 paesi, mentre per Portogallo, Grecia e Cipro il rating è speculativo ('BB+' o inferiore). Negli ultimi sei mesi sono stati alzati i rating di Cipro, a 'BB' in settembre, e di Malta, ad 'A' in ottobre, sulla scia di una serie di upgrade iniziati nella seconda metà del 2015 (Olanda, Spagna, Cipro, Portogallo, Grecia e Slovacchia) e nella prima metà del 2016 (Grecia e Slovenia), mentre negli ultimi 18 mesi non ci sono stati downgrade.

Grazie agli upgrade di Cipro e Malta la media dei rating dei paesi dell'Eurozona a dicembre 2016 è salita appena sopra la 'A', mentre il rating pesato sul Pil delle economie dell'area ha toccato il suo livello più basso e si attesta tra 'AA-' e 'A+'.

Non ci sono stati downgrade nell'eurozona in conseguenza del voto che ha sancito l'uscita del Regno Unito dall'Unione, ma va evidenziato che la Brexit materialmente non si è ancora concretizzata, e quando questo avverrà sicuramente ci saranno effetti sulla crescita europea.

A cura di: Paola Sacerdote

Parole chiave:

europa rating unione monetaria eurozona
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