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Eurozona: segnali di ripresa, ma la crescita è ancora fragile

Le stime per l’inflazione dell’area 2025 sono state ridotte al 2,1 per cento, grazie a prezzi energetici più bassi e all’euro forte. In Germania, però, l’inflazione resta più alta, trainata dai salari e dai servizi. Dalla BCE atteso un taglio a giugno, dopo è probabile un atteggiamento attendista.

03/06/2025
simbolo dell'euro e grafico su sfondo blu
Analisi sulle prospettive dell'economia dell'Eurozona

Il vento sull’economia dell’Eurozona torna timidamente a soffiare a favore. Dopo mesi di cautela - secondo Irene Lauro, economista per l’Eurozona di Schroders - nell’area tornano infatti a intravedersi prospettive più incoraggianti. La ripresa ha acquisito ritmo, sostenuta da una politica monetaria più accomodante che ha cominciato a stimolare i consumi, in particolare nei Paesi più colpiti dalla stretta sui tassi. A dare ulteriore spinta potrebbe contribuire anche la Germania, che sta preparando un’inversione storica della propria politica fiscale che - essendo stata sempre la ‘‘locomotiva’’ economica dell’area - potrebbe avere effetti positivi sull’intero blocco.

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Ripresa dell'Eurozona frenata dalle incertezze globali

Lo scenario di fondo non cambia, anche se le nuove stime di crescita per l’Eurozona nel 2025 sono state ritoccate leggermente al ribasso, dall’1,1% all’1%. Il motivo principale dietro questa correzione è l’aumento dell’incertezza a livello commerciale: il rischio di una guerra dei dazi e i segnali contrastanti provenienti dagli Usa stanno infatti già raffreddando il clima tra le imprese, rallentando gli investimenti. Tuttavia, secondo l’esperta, la domanda interna si sta rafforzando e i consumi, già in ripresa, dovrebbero mantenere un andamento positivo nei prossimi mesi. Più ottimistiche le previsioni per il 2026, con una crescita stimata al 2%, spinta soprattutto dalla Germania, dove il nuovo Governo ha deciso di allentare il cosiddetto ‘‘freno all’indebitamento’’, sbloccando nuove risorse per investimenti infrastrutturali e spese per la difesa.

Berlino cambia rotta: più spesa per rilanciare l’economia

Il nuovo orientamento del Governo tedesco ha colto di sorpresa i mercati e molti osservatori. Sotto la pressione di un contesto geopolitico sempre più instabile - alimentato anche dalle politiche protezionistiche statunitensi - la Germania ha deciso di rivedere le proprie rigide regole fiscali. L’aumento dei dazi sulle esportazioni oltreoceano e la riduzione del sostegno Usa alla sicurezza europea hanno spinto i partiti della coalizione a promuovere un piano di spesa più ambizioso. L’impatto sull’economia si farà sentire dal 2026, con una revisione al rialzo del PIL tedesco stimato ora al 2,2%. Tuttavia, secondo Lauro, la sostenibilità di questa crescita nel lungo periodo dipenderà da riforme strutturali capaci di affrontare il caro energia e la cronica carenza di manodopera.

Inflazione in calo, ma i rischi non sono scomparsi

Quello che però incoraggia di più in prospettiva è la dinamica mostrata dall’inflazione, per la quale le previsioni per il 2025 sono state abbassate dal 2,4% al 2,1%, grazie al calo del prezzo del petrolio e alla forza dell’euro, che sta riducendo i costi dei beni importati. Anche se, pure in questo caso, c’è la peculiarità della Germania, dove l’inflazione resta leggermente più alta del previsto, al 2,1%, trainata dalla crescita dei salari e dalla tenuta dei servizi. Nel resto dell’Eurozona, invece, la dinamica è più debole. Le recenti trattative salariali suggeriscono secondo l’esperta un rallentamento degli aumenti retributivi, il che dovrebbe tradursi in una graduale riduzione dell’inflazione nei servizi.

Taglio dei tassi a giugno, poi la BCE prende tempo

La BCE, di fronte a questo scenario, dovrebbe procedere con cautela nel modificare la politica monetaria. Lauro si aspetta un nuovo taglio dei tassi BCE per giugno, che porterà il saggio sui depositi al 2%, all’interno della fascia di neutralità stimata tra l’1,75% e il 2,25%. Ma oltre questo intervento, aggiunge, l’Eurotower potrebbe adottare un atteggiamento attendista per il resto dell’anno, monitorando l’evoluzione dell’economia e dei prezzi. L’ipotesi invece di un rialzo dei tassi nel 2026 appare oggi prematura, soprattutto considerando il rallentamento dell’inflazione e l’alto grado di incertezza che continua a caratterizzare il contesto internazionale.

A cura di: Fernando Mancini

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