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La Fed si prende una pausa di riflessione
La Banca Centrale Usa ha fatto quello che il mercato sperava ed ha lasciato i tassi d’interesse di riferimento nel range 0,75%-1%. Attesi altri due ritocchi entro la fine dell’anno, probabilmente uno prima dell’estate e l’altro in autunno.
Nel suo comunicato post-riunione di ieri, la Federal Reserve ha evidenziato che, a partire da marzo, i dati macro mostrano un irrobustimento del mercato del lavoro, anche se la crescita economica ha subito una battuta d’arresto. La Banca Centrale Usa ha specificato che la spesa dei nuclei familiari è aumentata lievemente, in un contesto caratterizzato da un solido trend positivo dei consumi. Infine, la Fed ha confermato che gli investimenti delle imprese restano su livelli soddisfacenti. Per tutte queste ragioni –e forse anche per la leggera frenata dell’inflazione negli ultimi mesi- l’istituzione ha deciso di lasciare inalterati i livelli del costo del denaro. La decisione è stata presa all’unanimità.
Si tratta di un provvedimento già scontato dai mercati, che non puntavano su due rialzi in altrettante riunioni consecutive. Il prossimo ritocco al rialzo dei tassi potrebbe arrivare a giugno (i sondaggi tra gli operatori di mercato puntano su un 50% di probabilità che la Fed muova il costo del denaro a giugno). Gli stessi membri della Fed indicavano a marzo altri due rialzi nel corso del 2017. A questo punto è ragionevole pensare che i ritocchi possano arrivare prima dell’estate e nel corso dell’autunno. Se queste anticipazioni troveranno conferma, gli Usa chiuderebbero l’anno in corso con tassi nel range 1,25%-1,5%.
A marzo, in piena estasi dei mercati per la vittoria di Trump, alcuni osservatori avevano ipotizzato che la Fed potesse optare per ben tre rialzi del costo del denaro nel corso del 2017. Tuttavia, la pubblicazione degli ultimi dati sull’andamento dell’economia a stelle e strisce ha convinto molti a correggere il tiro e ridimensionare a due i probabili interventi tesi alla normalizzazione della politica monetaria. Il dato più rilevante è quello che ha mostrato una crescita del Pil Usa nel primo trimestre dell’anno allo 0,7%, nettamente al di sotto delle variazioni sperimentate nei trimestri anteriori.
A questo cambio –probabilmente temporaneo- di scenario, bisogna sommare il mancato arrivo degli stimoli fiscali promessi da Trump durante la sua campagna elettorale. Il piano di tagli fiscali del neo-presidente potrebbe slittare al 2018 e deludere le aspettative di imprese e cittadini.
Nonostante ciò, la maggior parte degli esperti e anche alcuni membri del Fomc, credono che i dati macroeconomici miglioreranno nelle prossime settimane. Lo Stesso Comitato della Fed, all’interno dell’ultimo comunicato, sottolinea di considerare temporaneo il rallentamento della crescita verificatosi nel primo trimestre e ipotizza che la variazione del Pil tornerà su livelli prossimi al 2% annuo nei prossimi trimestri. Nel documento si evidenzia che i rischi economici di breve termine si mantengono su livelli equilibrati.
A supporto della view ottimista della Fed ci sono il dato che fotografa la disoccupazione Usa (al 4,5%) e quello relativo alla dinamica dei prezzi al consumo (con l’inflazione ormai stabilmente sopra il 2% fissato come target dalla stessa Federal Reserve).
Secondo Antoine Lesné, responsabile EMEA ETF strategy di SPDR ETFs (State Street Global Advisors), la prossima mossa della FED potrebbe avvenire nel bel mezzo della pesante situazione politica europea e dopo i negoziati sul piano di riduzione delle tasse previsto dagli Stati Uniti. Potrebbe quindi essere ancora troppo presto per prevedere un rialzo. Infine, secondo l’esperto, con le valutazioni elevate dei titoli statunitensi sotto osservazione da parte degli investitori, qualunque potenziale ribasso potrebbe influenzare anche l'azione della FED. Nel frattempo gli investitori assecondano la politica monetaria restrittiva e favoriscono le esposizioni che potenzialmente beneficiano di un rialzo, come le obbligazioni a tasso variabile (floating rate note). Anche le obbligazioni convertibili hanno mostrato un buon livello di performance in questi periodi di politica restrittiva.