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Il labirinto politico economico brasiliano
L’agenzia Moody’s ha recentemente rivisto al ribasso l’outlook del Brasile, portandolo da ‘stabile’ a ‘negativo’ a causa delle incertezze politiche e della decelerazione del processo che dovrebbe portare all’adozione di nuove riforme.
Moody’s ha sottolineato che la crisi politica emersa nel paese sudamericano avrà delle conseguenze negative sull’agenda di riforme delineata dal Governo e comprometterà la sottoscrizione di riforme anche nel futuro (inclusa quella, delicatissima, del sistema pensionistico).
La diffusione di un audio in cui il presidente Michel Temer ha dato il suo avallo alla corruzione di un ex deputato per assicurarsi il silenzio di quest’ultimo su alcune operazioni, ha messo alle corde il presidente e il suo esecutivo. Tutta l’opposizione ha chiesto le dimissioni di Temer, tuttavia, il presidente ha detto che questa possibilità per ora non viene contemplata.
Secondo Moody’s, la crisi politica probabilmente impatterà negativamente sulla fiducia degli investitori e determinerà un aumento della volatilità sui mercati. A marzo, l’agenzia di rating aveva cambiato la valutazione sulle prospettive del paese da negativa a stabile in scia alla pubblicazione di alcuni dati macro in miglioramento e al calo dell’inflazione. Con l’ultima revisione, il team non ha scartato ulteriori interventi nei prossimi mesi. La decisione dell’agenzia non ha compromesso il rating del debito brasiliano in valuta estera (che resta Ba2), due gradini al di sotto dell’investment grade.
Il quadro d’insieme
L’economia del Brasile comincia a dare i primi segnali, anche se ancora molto deboli, di uscita dal profondo tunnel della recessione. Ciò nonostante la disoccupazione continua a salire ulteriormente e intanto tra i giovani supera il 20%. Non si intravede nessuna fine di questo trend. La banca centrale da parte sua fa tutto ciò che può per sostenere l’economia in difficoltà. Ad aprile ha tagliato i tassi d’interesse di un punto percentuale (dal 12,25% all’11,25%). Il Fondo monetario internazionale (FMI) intanto ha rivisto al ribasso le sue stime di crescita del Brasile per il 2017 dallo 0,5% allo 0,2%.
A prima vista, ciò potrebbe sembrare solo una correzione modesta, ma in realtà significa che persino il FMI notoriamente ottimistico non è per niente sicuro che ci sarà davvero una crescita. Inoltre, le speranze che ci saranno riforme importanti sono sensibilmente calate. Sono in corso indagini sulla corruzione nei confronti di nove ministri dell’attuale governo, tutt’altro che popolare. La riduzione della spesa pubblica, ormai ancorata nella costituzione, finora esiste solo sulla carta e senza una riforma pensionistica efficace rimane solo lettera morta. L’età pensionabile in Brasile è in effetti di circa 53 anni, quindi molto bassa nel confronto internazionale, ed evidentemente mette a dura prova le risorse finanziarie dello Stato.
Il livello di gradimento del presidente Temer ai minimi storici, il panorama dei partiti molto frammentato ed elezioni presidenziali previste al più tardi nel 2018 rendono poco probabile una tale riforma in un futuro immediato. Nonostante massicce accuse di corruzione e relative indagini giudiziarie nei suoi confronti, l’ex presidente “Lula” da Silva attualmente è in gran vantaggio rispetto a tutti i concorrenti nei sondaggi d’opinione. La data delle elezioni è ancora molto distante. Un eventuale ritorno al potere del politico della sinistra dovrebbe, tuttavia, tutt’altro che piacere agli investitori. Contemporaneamente non è certo quanto della sua politica degli anni 2003-2011 potrebbe comunque portare avanti. Perché a differenza di allora, nel frattempo le casse dello Stato sono vuote e non è in vista nessun boom economico. Il mercato azionario brasiliano ha guadagnato ad aprile appena lo 0.6 %.