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Attenti alla demografia
Spesso si sente parlare della cosiddetta generazione dei millennial, parola che è più o meno diventata sinonimo di giovani. L’elemento interessante è che il termine è ormai, negli Usa, vecchio di un quindicennio. In pratica per millennial si intendono le persone nate a partire dai primi anni ’80 (di solito si usa il 1981 come punto di stacco) e che ha fatto seguito alla Generazione X, che a sua volta era venuta dopo i baby boomer.
In pratica i più anziani in questa categoria si avvicinano oggi alla mezza età, tanto che il termine è stato più o meno reinventato per quei giovani nati un decennio più tardi, negli anni ‘90.
Ciò di cui pochi alla fin fine sembrano accorgersi è che sta arrivando alla vita adulta ormai anche un gruppo successivo, quello dei nati fra i tardissimi anni ‘90 e i primi anni 2000, il gruppo di chi ha fra i 15 e i 19 anni e che dei primi millennial potrebbe quasi essere figlio. Come si è ben visto nella querelle del rinnovo del contratto di Donnarumma, classe 1999, con il Milan, si tratta di un gruppo di persone che si sta affacciando a scelte importanti della propria vita.
Vale la pena analizzare le caratteristiche di questa generazione, nell'ottica che abbiamo visto dell'emergere di possibili trend in un mondo economicamente e demograficamente stagnante. Per fare ciò partiamo proprio dalla situazione italiana, che per certi aspetti presenta un quadro decisamente interessante. L'Italia è infatti il secondo paese più anziano del pianeta, dietro il Giappone, sia per quanto riguarda l'età mediana della popolazione, sia per la quota di over 65 sul totale degli abitanti (cira il 22% del totale nella Penisola contro quasi il 27% nel Sol Levante). Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, poi, il Belpaese è una delle pochissime realtà definite “super-aged”, in cui la quota di persone con più di 65 anni supera appunto il 20% del totale.
Inoltre l'Italia è notoriamente da anni una delle economie con il peggiore andamento a livello globale, il che fa sì che rappresenti un banco di prova quasi perfetto per testare le ipotesi alla base del paradigma crescita zero che abbiamo visto. Detto ciò, andiamo a osservare qualche dato: in Italia nel 2016 coloro di età compresa tra i 15 anni e la fine dei 19 sono circa 3 milioni. Si tratta di una quantità piuttosto modesta: infatti nel nostro paese i quinquenni precedenti sono tutti più numerosi, fino a raggiungere il picco di numerosità nell'area 45-49 anni (più di 5 milioni di persone), per poi cominciare a scendere di nuovo.
La cosa impressionante, comunque, è che il gruppo dei quasi adulti citato, per quanto di dimensioni ristrette, presenta numeri maggiori rispetto ai ragazzi della fascia 10-14, che a loro volta sono più numerosi di quelli nella 5-9, i quali battono gli 0-4. In pratica, salvo improbabili riprese del tasso di nascite e/o crolli della speranza di vita, la popolazione italiana è destinata a invecchiare sempre di più. Neppure l'immigrazione sembra riuscire ad alterare più di tanto questi sviluppi, in quanto i numeri sembrano confermare che, per tanti giovani stranieri che arrivano o nascono qua, altrettanti pari età italiani se ne vanno in cerca di lavoro all'estero.
In pratica i futuri giovani adulti dei prossimi decenni si troveranno a contare sempre di meno, in quanto banalmente privi del peso demografico necessario per fare sentire la loro voce, a livello politico, sociale ed economico. Il tutto in un'economia con problemi enormi strutturali in un mondo caratterizzato da un aumento quasi zero della produttività e del Pil nominale. Va ribadito che l'Italia rappresenta un caso abbastanza estremo di un trend comunque diffuso su tutto il pianeta. Queste tendenze, che possono sembrare fattori in fondo di poco conto sui mercati, in realtà possono essere devastanti sulle dinamiche finanziarie mondiali. E vedremo come affrontarli.