- SEI UN CONSULENTE FINANZIARIO AUTONOMO?
- Scopri i vantaggi del nostro servizio
Prossima fermata, mercoledì 13 dicembre
Perché il prossimo 13 dicembre, un giorno non associato in generale ad alcun evento particolarmente rilevante, potrebbe avere un'importanza non da poco per chi si occupa di mercati finanziari? Quel giorno verrà registrato a Wall Street un nuovo record di assenza di correzioni di almeno il 5%. L'ultima, infatti, è avvenuta a fine giugno 2016, in concomitanza con il referendum sulla Brexit, che alla fine poi grandi danni ai mercati non li fece. A venerdì scorso eravamo già a 487 giorni senza un simile, invero modesto, calo: il secondo periodo più lungo nella storia dell'azionario made in Usa.
Per ritrovare una fase più lunga, il cui record potrebbe giusto essere battuto a metà del prossimo dicembre, bisogna risalire al periodo compreso fra il dicembre del 1994 e il maggio del 2016. Quell’epoca ha costituito l'avvio del più grande bull market di sempre, che ha peraltro coinciso con il periodo di maggiore splendore economico nella storia degli Stati Uniti. È interessante notare un elemento: in quella prima gamba del bull market degli anni ‘90 complessivamente il mercato venne su di oltre il 52% e attualmente siamo a circa metà di tale valore. In pratica è sparita completamente la volatilità, sia sotto forma di correzioni e periodi di panico da parte degli investitori, sia per quanto riguarda gli strappi al rialzo.
L'azionario americano continua imperterrito ad avanzare in maniera a volte lenta, ma assolutamente prevedibile. Lo scorso 2 agosto era stato segnalato che indubbiamente la volatilità implicita statunitense aveva raggiunto livelli infimi e che essa poteva essere un buon investimento, nonostante un costo non indifferente in termini di premio al rischio per proteggere un portafoglio caratterizzato da elevato beta nei confronti del momentum del trend mondiale. Da allora il Vix Usa ha visto un paio di spike tardo-estivi (un avvenimento decisamente comune) per poi tornare più o meno ai livelli poco sopra la soglia di 10.
Su questo argomento vanno evidenziati un paio di punti: in generale i trader la volatilità preferiscono venderla, attraverso posizioni su opzioni o strumenti derivati specifici come i variance swap o i future (e le rispettive opzioni) sul Vix, in quanto solitamente la volatilità implicita generalmente sovrastima quella che poi verrà effettivamente realizzata sul mercato. In particolare lo scarto percentuale tende a essere molto forte nelle fasi estreme, in cui i mercati sono o nel caos o particolarmente calmi.
Il problema è che la calma non dura per sempre e come abbiamo visto all'orizzonte vi sono incertezze epocali di cui tenere conto. In generale quindi è consigliabile reiterare il suggerimento di prudenza con ancora maggiore convinzione rispetto al passato, visto il tono decisamente falcheggiante (ci venga passata l'espressione) da parte della Fed. Nell'immediato, però, i buoni dati economici statunitensi potrebbero spingere ancora più su il mercato, con una quotazione del rischio ancora più compressa.
In questo senso l'ottimismo sembra prevalere e addirittura accelerare nelle prossime settimane: in fondo la salita registrata finora dalla votazione sulla Brexit mostra una performance cumulata che è solamente al tredicesimo posto fra tutti i movimenti al rialzo non interrotti da cali di almeno il 5%: per il momento dunque solo ottimismo in vista. Ma come potrebbe dispiegarsi l'ultima fase del rally? Non è da escludere, visti i buoni dati economici e le sorprese positive che stanno arrivando dalle trimestrali, soprattutto da parte dei colossi tecnologici, un ultimo rally di relativamente breve durata e passo intorno al 10% nel prossimo trimestre. Poi tutto dipenderà dalla Fed e da quanto essa sarà al passo con la realtà circostante.