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Il punto sulla Cina
Il presidente Xi Jinping dispone di un capitale politico talmente elevato da consentire l’avvio di una serie di profonde riforme strutturali nel corso dei prossimi anni. Ci riuscirà?
Dal 2012 il presidente non solo ha rafforzato il suo potere, ma anche la posizione del partito all’interno della società, così come il controllo di Pechino sulle diverse regioni dell’enorme paese. La sua imponente e continua campagna contro la corruzione ha, da un lato, migliorato l’immagine del partito e delle istituzioni statali, dall’altro, serve anche a disciplinare o a destituire i nemici all’interno del partito o i funzionari pubblici regionali troppo potenti.
L’enfasi decisamente maggiore sugli obiettivi economici qualitativi (qualità e composizione della crescita economica, aumento della qualità della vita, tutela ambientale, ripartizione più equa della ricchezza sociale) nel discorso di apertura e nelle risoluzioni del Congresso del partito ne sono un altro indizio. La ristrutturazione dell’economia per aumentare i consumi e servizi verrà probabilmente accelerata, accompagnata da una minore dipendenza dalla crescita del credito, dal mercato immobiliare, dalle esportazioni e dai grandi investimenti statali. Parallelamente all’accelerazione del tasso di crescita economica, anche i prezzi tendono al rialzo su vari fronti, soprattutto sul lato dei produttori.
Il Congresso del partito comunista, tutto sommato, ha portato a un consistente rafforzamento della posizione di potere del segretario generale del partito e capo dello Stato Xi Jinping che ora dispone, di conseguenza, di un capitale politico nettamente maggiore rispetto al momento del suo insediamento cinque anni fa.
Nel complesso, Xi ora sembra possedere un margine nettamente più grande per le riforme strutturali nei prossimi anni. Bisognerà ovviamente vedere, se e in quale misura lo sfrutterà. Già alla vigilia del Congresso del partito, Xi aveva avviato una serie di misure per raffreddare i mercati immobiliari, regolamentare di più i mercati finanziari e ridurre le sovraccapacità e l’inquinamento ambientale. Ciò potrebbe significare che ora più che mai affronterà i progetti di riforma più importanti.
È ipotizzabile un’ulteriore riduzione da parte di Pechino delle sovraccapacità nei settori carbone, acciaio e cemento, tuttavia, questo potrebbe essere assorbito almeno in parte da progetti infrastrutturali nazionali e multinazionali nell’ambito del programma “One Belt, one Road”. Non meno importanti sono altre misure per regolamentare meglio il sistema finanziario cinese e limitare gradualmente l’eccessiva crescita del credito. Le recenti dichiarazioni del capo della banca centrale cinese indicano che si voglia fare proprio questo e, se necessario, si è disposti ad accettare alcune turbolenze nel sistema finanziario.
La grande questione è e rimane quella di vedere fino a che punto Pechino sia disposta a tollerare un rallentamento della crescita nel breve periodo e quanto positivo e veloce sarà l’effetto di eventuali riforme. In principio, un programma di riforme attuato in modo coerente dovrebbe essere positivo per la produttività e stabilità dell’economia cinese nel lungo periodo.
A breve potrebbe, però, rallentare la crescita sia in Cina sia in altri paesi emergenti, in particolare riguardo a fornitori e produttori di materie prime, per esempio, di metalli industriali. Le azioni quotate sul continente cinese a ottobre hanno guadagnato poco più dell’un per cento circa. Le azioni H di Hong Kong sono salite nettamente di più con un rialzo di oltre il 5%.