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Previdenza, occorre avere strategie finanziarie
È una delle domande che si stanno ponendo quasi tutti gli italiani, specialmente se di giovane età, ed è stato uno dei temi più trattati nella recente campagna elettorale in Italia: “Quando riuscirò ad andare in pensione?”. La risposta a questo quesito a oggi non è affatto scontata e soprattutto è fondamentale darsela prima di prendere le decisioni di investimento. Se una volta risparmiare poteva anche essere non necessario, in quanto l’Inps forniva a tutti una pensione abbastanza vicina al reddito degli ultimi anni di lavoro, oggi occorre programmare con anni di anticipo la propria vecchiaia e adottare le strategie finanziarie giuste per non essere costretti a lavorare fino a tardissima età.
Molti sono i fattori da cui dipende non solo il quantum della prestazione, ma anche il quando. Vale la penna vedere, con l’aiuto dello Studio Epheso, uno dei più importanti e competenti consulenti nel settore previdenza che opera per diverse società leader nel comparto assicurativo, quali sono le cause che portano la pensione sempre più lontana.
Requisiti e speranza di vita. In prima battuta vi è sicuramente l’aggancio dei requisiti alla speranza di vita. «Inizialmente con la riforma varata nel 2009 dall’allora ministro del welfare Sacconi, e successivamente perfezionato dalla legge 214/2011, è stato introdotto un nuovo e importante principio a garanzia della sostenibilità del sistema previdenziale: l’automatico adeguamento dei requisiti minimi di pensione all’effettiva speranza di vita dei neo-pensionati», afferma Alberto Cauzzi, amministratore delegato dello Studio Epheso. «La misura dell’aumento viene stabilita da un’apposita rilevazione Istat. Ovviamente, a oggi non si può sapere con certezza quale sarà l’effettiva maggiorazione, ma basandosi sullo scenario centrale del modello previsionale demografico Istat, potremmo prevedere un trend di incrementi che sul lungo orizzonte temporale giunge a tre anni e nove mesi complessivi alla soglia del 2050. In poche parole, si conferma il grande timore delle generazioni attualmente attive: tra trenta anni per ottenere la pensione di vecchiaia ne serviranno almeno 70 di anni di età. Pertanto, tutti gli enti pubblici non privatizzati adegueranno le prestazioni con scadenze prefissate e senza la necessità di un provvedimento attuativo:
· l’età minima richiesta per i trattamenti di vecchiaia (inizialmente pari a 66 anni);
· l’anzianità minima della pensione anticipata;
· l’età per la soglia anticipata delle pensioni contributive (inizialmente pari a 63 anni);
· l’età e la contribuzione per il requisito della totalizzazione».
Il primo adeguamento si è avuto a gennaio del 2013, quando già era in pieno vigore la riforma Fornero. Tutti i requisiti di età e di contribuzione furono incrementati di tre mesi. L’Istituto nazionale di statistica (Istat) ha recentemente confermato e certificato l’aumento della speranza di vita che a 65 anni è salita a 20,7 (19,1 per gli uomini e 22,3 per le donne) più di cinque mesi rispetto al 2013. «Ciò sta a significare che a partire dal 2019» aggiunge lo Studio Epheso, «salvo provvedimenti legislativi in senso contrario di cui a oggi si sta molto discutendo, per maturare il diritto alla pensione saranno necessari cinque mesi in più».
Prendiamo l’esempio di Andrea, giovane 25 enne neoassunto, fornito ancora dallo Studio Epheso. Per raggiungere la pensione di vecchiaia dovrà attendere i 71 anni di età, a causa del costante incremento (biennale) del requisito minimo anagrafico richiesto.
Un altro caso estremamente interessante è quello di due fratelli gemelli, Daniele e Luciano. Il primo, appena laureato, ha trovato impiego presso una società privata e ha un reddito annuo di 25.000 euro; l’altro, che non ha portato a termine gli studi universitari, lavora nella stessa azienda da ormai 10 anni. A parità di anzianità contributiva a oggi, Daniele riuscirà ad andare in pensione tre anni prima del fratello Luciano. Questo perché per i soggetti che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 la riforma Fornero ha previsto un requisito ridotto di pensionamento anticipato con età minima iniziale pari a 63 anni (elevata alla speranza di vita), anzianità contributiva superiore a 20 anni purché l’ importo della pensione sia però almeno superiore a 2,8 volte l’assegno sociale (16.310 euro per l’anno 2018), rivalutato negli anni a venire con la media quinquennale della crescita del Pil, come avviene per il montante contributivo individuale.
L’incognita di questi requisiti è appunto dovuta all’importo minimo che la pensione deve raggiungere. Se non si matura l’importo richiesto, sarà necessario attendere altri quatto anni, fino al 70-71° anno di età, quando il requisito contributivo scende a cinque anni e la soglia di importo scompare, come accade per Luciano.