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I vantaggi della prudenza

12/03/2018

Di recente abbiamo affrontato il tema di come andare ad affrontare il resto del 2018 alla luce del ritorno della volatilità di queste settimane. Essenzialmente le scelte di allocazione che erano state esaminate negli ultimi mesi, che a loro volta erano in linea con i trend sviluppatisi già dalla seconda metà del 2016, non sono cambiate.

Ciò che pare sensato modificare è il livello di leva complessivo per un investitore. Infatti in una situazione come quella attuale, qualora dovesse arrivare una crisi, essenzialmente indotta da una politica monetaria troppo rigida rispetto ai fondamentali, difficilmente si avrebbero molte scelte difensive a disposizione, visto che sia l’azionario, sia l’obbligazionario sono da anni in un boom storico ed entrambi vengono danneggiati dal processo di normalizzazione dei tassi.

In pratica una crisi iniziata dalla bolla dei governativi difficilmente vedrebbe i medesimi titoli di stato nel loro tradizionale ruolo di bene rifugio. L'unica possibilità di limitare i danni sarebbe mettere una quota sostanziale del proprio portafoglio in strumenti di liquidità.

Gli investitori dell'area euro ovviamente in questa maniera devono ingoiare rendimenti ancora negativi, ma questa scelta di investimento non avrebbe come logica la ricerca di un guadagno: solo difendersi da possibili sciacquate future. Infatti, con un rapporto rendimento atteso/volatilità che diventa sempre meno favorevole, la priorità principale è conservare almeno parte del capitale.

Se il mercato calasse infatti del 30% e la nostra esposizione fosse pari a 100, ci troveremo con solo 70 nel nostro portafoglio. Se la quota in capitale di rischio fosse stata invece ridotta a 80 ci ritroveremo con 76 (in tal caso la nostra perdita azionaria sarebbe 8x3= 24).

Non solo, ma la principale ragione per cui allo stato attuale conviene adottare una strategia di questo tipo è che avremmo a disposizione anche capitali freschi per valutare se rientrare sul mercato a multipli più ragionevoli.

Infatti allo stato attuale non sappiamo ancora se il nervosismo appena passato è un prodromo di un rallentamento economico prossimo venturo oppure semplicemente una correzione dovuta agli alti corsi. Aspettare qualche mese per chiarire un po' meglio la situazione non sembra esattamente insensato: qualora l'ipotesi benigna si realizzasse, si avrebbe cash a disposizione per rientrare sui mercati a livelli più convenienti, alzando così le probabilità di recuperare più in fretta le perdite.

Quale percentuale sarebbe conveniente mantenere in liquidità? Questa decisione dipende essenzialmente oltre che dalla propria propensione al rischio anche dal tempo a disposizione. In generale per investire con un minimo di logica sull'equity bisogna disporre di almeno cinque anni, altrimenti si rischia semplicemente di venire bruciati, senza possibilità di recupero, al primo ribasso. È indicativo ad esempio il fatto che i fondi pensione aziendali in Usa, quando una persona supera la soglia dei 70 anni, sono obbligati a liquidare progressivamente l'esposizione azionaria del soggetto. Incidentalmente questo regolamento non è esattamente bene augurante per le borse, visto il processo di invecchiamento della popolazione americana.

In definitiva comunque in un clima di incertezza come quello attuale detenere fra il 20% e il 40% in liquidità sembra ragionevole: vi è infatti da dubitare che si rischi di perdere un incredibile potenziale di rialzo.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

liquidità crisi azionario crisi obbligazionario
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