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Previdenza, quanto risparmiare?
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In un precedente articolo è stato visto che con le attuali leggi pensionistiche per un ragazzo laureato che inizia oggi a lavorare (a un’età quindi vicina a 25 anni) è estremamente difficile prevedere di andare in pensione prima del compimento del 70° anno di età, cioè intorno all’anno 2063. Ovviamente si tratta di una data indicativa, poiché non è detto che in un periodo così lungo non cambino i criteri di pensionamento e che l’aspettativa di vita calcolata dall’Istat, che incide sulla determinazione della data di pensionamento, non si sia significativamente spostata in avanti.
A questo punto diventa fondamentale cercare di comprendere che cosa fare, anche perché non è affatto scontato che l’assegno pensionistico mensile sia sufficiente a garantire lo stesso livello di vita che si aveva quando si lavorava. Di conseguenza occorrerebbe che chi entra nel mondo del lavoro cominci a pensare fin da adesso a risparmiare una quota dei suoi guadagni in maniera costante per costruire alla fine del periodo lavorativo un capitale che gli permetta o di uscire dal lavoro con qualche anno di anticipo o di avere un reddito aggiuntivo alla pensione.
Nel caso preso in considerazione di un giovane di 25 anni, presupponiamo che i primi cinque anni non sia in grado di risparmiare di fatto nulla e che a partire dal 30° anno di età possa investire ogni 12 mesi 2.000 euro incrementati della crescita dell’inflazione. Nel corso di 40 anni alla fine avrà messo da parte una cifra equivalente a 80.000 euro attualizzati. Ovviamente si può presupporre che questa persona decida di investire e di ricavare dalla somma che va accumulando ogni anno un guadagno.
A questo punto inizia la parte difficile: come investire? Nel caso che si tratti di una persona prudente punterà su un fondo comune o un fondo pensione obbligazionario. Sulla base dei parametri normalmente usati per fare questo tipo di calcoli, si presuppone che il rendimento di un prodotto obbligazionario sul lungo termine sia dell’1% annuo netto (livello tutt’altro che scontato oggi). Ciò significa, calcolando gli interessi composti, che il capitale di 80.000 euro che era stato ipotizzato arriverà 98.750 euro: certamente una somma tutt’altro che modesta, ma non decisiva a cambiare la situazione finanziaria di una persona che ha lavorato un’intera vita.
Se venisse scelto un fondo bilanciato, cioè con una componente di circa il 40% in azioni, il rendimento annuale potrebbe salire fino all’1,5% del capitale investito: in questo caso al termine dei 40 anni la cifra complessiva risultante salirebbe a 110.163 euro, tutto sommato non molto diversa rispetto a un investimento obbligazionario e con una componente di rischio in più non secondaria.
Resta infine l’ipotesi dell’investimento più aggressivo: in un paniere diversificato di azioni. Viene presupposto che sul lungo termine si possa arrivare a un guadagno medio del 4% all’anno. Se fosse così veramente, l’incremento del capitale arriverebbe a 197.653 euro, sicuramente già una cifra più interessante.
Come si vede, di fronte a un presupposto di risparmio costante e dando per scontata una serie di dati che non sono per nulla certi (l’incremento del Pil dell’1,5% annuo, un’inflazione media del 2% e soprattutto che i mercati mantengano livelli di crescita simili a quelli attuali) i risultati non sono eclatanti. E soprattutto di qui a 20-30 anni nessuno è in grado di immaginare che cosa succederà davvero.
In pratica, se si vuole davvero costruire un reddito alternativo al momento dell’uscita dal lavoro occorre programmare un impegno finanziario non da poco.
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