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Verso il ritorno dell’inflazione
Le aspettative di un aumento dei costi nel settore dei prodotti industriali, dell’energia e dei materiali sono classici indicatori del fatto che l’economia globale si trova in una fase matura del suo ciclo.
Secondo i risultati dell’Analyst Survey 2018 redatta da Fidelity International, la maggior parte degli analisti (72%) prevede un incremento dei salari nei prossimi 12 mesi, rispetto al 64% dello scorso anno, con Cina, Europa e Stati Uniti in testa. Quasi tutti gli intervistati che condividono questa posizione, tuttavia, ritengono che l’aumento sarà moderato, ad eccezione della regione EMEA/America Latina, dove un terzo degli analisti si aspetta “forti” aumenti salariali. Le riforme fiscali di Trump potrebbero rafforzare le pressioni inflazionistiche sulle retribuzioni poiché si prevede che le imprese trasferiranno ai propri dipendenti parte del beneficio derivante dalla riduzione delle imposte.
I prezzi di vendita dei prodotti trovano minore slancio: nonostante l’aumento dei costi, la maggior parte degli analisti dichiara che l’innalzamento dei prezzi da parte delle società nei rispettivi settori non sarà superiore all’inflazione dei prezzi al consumo (IPC). Sei analisti su dieci, a prescindere dal settore, ritengono che i prezzi di vendita dei prodotti aumenteranno in linea con l’IPC, fatta eccezione per le telecomunicazioni dove si prevede un rialzo dei prezzi inferiore. Dato che in molti settori i margini si avvicinano a massimi record, le società sono ben posizionate per assorbire in parte la crescita dei costi.
Questo contribuisce a spiegare perché meno di un analista su cinque dichiara che le sue società di riferimento probabilmente innalzeranno i prezzi oltre il tasso dell’IPC. La maggior parte di chi ha dato questa risposta si occupa del comparto materiali e di quello dell’energia, un risultato che non giunge del tutto inaspettato essendo questi i due settori in cui l’inflazione è più pervasiva, secondo l’indagine.
Cresce il potere di determinare i prezzi: anche se la maggior parte delle società sembra restia ad innalzare i prezzi, aumenta il numero delle imprese che sono in grado di trasferire ai clienti il rialzo dei costi di produzione. Questo vale trasversalmente per gran parte dei settori, in particolare beni di consumo di base, energia e materiali. Le società di beni di consumo discrezionali e prodotti industriali, tuttavia, sembrano avere un margine di protezione minore contro l’aumento dei costi. Con buona probabilità, la crescita dell’inflazione metterebbe le società di servizi finanziari e materiali nelle condizioni di ampliare i margini.
Le imprese del settore dei prodotti industriali, invece, potrebbero essere meno fortunate, secondo gli analisti di Fidelity; data la loro relativa carenza di pricing power, è molto probabile che un rialzo dell’inflazione provocherebbe una compressione dei margini, mettendo fine a due decenni di ampliamento continuativo. Nonostante le aspettative secondo cui l’inflazione dovrebbe finalmente tornare a crescere, sono ancora in atto fattori deflazionistici tra cui i progressi tecnologici, la globalizzazione e l’esternalizzazione, che mantengono l’inflazione sotto controllo.
Gli analisti del team focalizzati sulla Cina, ad esempio, sottolineano che l’aumento dei costi salariali sta alimentando una corsa all’automazione e all’innovazione tecnologica nei settori della “vecchia” e della “nuova” economia, poiché le società temono altrimenti di perdere il proprio vantaggio competitivo sulla scena globale. Il richiamo esercitato da costi inferiori fa sì che le imprese continuino a ricercare opportunità più convenienti per svolgere l’attività manifatturiera e, dunque, il tema dell’esternalizzazione resta valido.