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Dollaro, le ragioni di chi pensa che andrà in orbita
Molti analisti e molti consulenti finanziari stanno consigliando alla loro clientela di investire in dollari. Secondo la maggior parte degli advisor la divisa americana è attualmente destinata a crescere sull’euro e rappresenta un ottimo affare per un risparmiatore europeo ancorato alla moneta unica, espressione di un’Europa sempre più frammentata e sempre più in difficoltà. Persino a rischio di esplodere.
Ma vediamo in concreto quali sono gli elementi razionali a favore di un investimento nella moneta americana. In un prossimo articolo vedremo tutti i dubbi legati al biglietto verde.
Crescono i tassi. La Federal Reserve, la banca centrale Usa, ha avviato già da tempo un programma di incremento dei tassi di interesse, che ormai per i Fed Funds, che è il saggio di riferimento per gli Stati Uniti, hanno superato il 2%. Almeno altri due rialzi sono previsti per il 2018 e altri tre per il 2019. Considerando che ogni ritocco dovrebbe essere di circa lo 0,25%, si può tranquillamente prevedere che nell’arco di un anno il costo del denaro negli States supererà il 3%, largamente il più alto nel mondo occidentale, che resta legato a tassi molto bassi. Anche la fine del quantitative easing in Europa avverrà comunque in un contesto di costo del denaro ai minimi storici. Ovviamente interessi sul dollaro elevati attirano capitali da tutto il mondo e una moneta molto richiesta costa sempre più cara.
Treasury a rendimento alto. In questo contesto il titolo governativo decennale americano sta dando rendimenti molto interessanti, intorno al 3%. Nessun altro titolo equivalente fra i paesi industrializzati dà tanto. Anche in questo caso significa una valanga di capitali di tutto il mondo che lascia investimenti meno remunerativi per buttarsi sulla valuta degli Stati Uniti alzandone il valore. Nello stesso tempo altri paesi che danno rendimenti inferiori vengono abbandonati ampliando l’effetto negativo.
Inoltre la curva dei tassi è abbastanza piatta: tra il titolo di stato a 10 anni e quello a due anni c’è una differenza di non più di 50-70 punti base. Se da una parte questo fatto è un elemento negativo, dall’altra parte contribuisce in maniera determinante ad attirare denaro da tutto il mondo, soprattutto da un’Europa che nelle scadenze più brevi è ancora su tassi di interesse negativi,.
Economia che tira ancora. Nonostante il ciclo economico Usa sia uno dei più lunghi di tutta la storia, per il momento grandi segni di rallentamento non si vedono. Le ultime rilevazioni vedono per il 2018 una crescita del Pil oltre il 3%, risultato che non si vedeva da diversi anni. In pratica il paese ha ancora un’economia che tiene alla grande e che dovrebbe sostenere la moneta locale. Anche Wall Street, che dell’economia è tutto sommato uno specchio, si sta dimostrando una delle borse più reattive del pianeta e anche quando cala è sempre la prima a riprendersi con vigore. Non è un elemento secondario nell’attirare investimenti da tutto il mondo.
Occupazione, consumi, inflazione. Con un’occupazione che è ai massimi storici da decenni e una dinamica salariale che ha ripreso a correre (di fatto unico caso al mondo) anche l’inflazione ha ripreso a salire, sia pure sotto stretto controllo. Ormai l’incremento del costo della vita è abbastanza vicino a quel 2% che è sempre stato l’obiettivo della Fed. Tutto ciò ovviamente ha portato un buon incremento dei consumi interni e un grado di fiducia molto elevato, sia da parte dei consumatori, sia da parte delle imprese. E anche in questo caso è tutto fieno che entra nella cascina del dollaro.
Trump. La politica del presidente americano è uno degli elementi di più difficile interpretazione e vanta sia sostenitori entusiasti, sia accaniti detrattori. Coloro che sono a favore affermano che si tratta di uno dei presidenti più a favore della crescita che ci siano mai stati. Lo dimostra il taglio alle tasse fatto alle aziende, che ha innalzato a dismisura il livello degli utili, valutati in crescita rispetto all’anno precedente di oltre il 19-20%. Anche lo stimolo al rientro delle attività delle imprese americane in patria dovrebbe costituire un altro elemento a favore dell’economia, così come la costruzione di nuove infrastrutture per oltre 1.000 miliardi di dollari.
Conclusione. In un mondo che sta vedendo qualche difficoltà, gli Stati Uniti oggi appaiono, pur con notevoli contraddizioni, un’isola felice. Sarà così anche nei mesi a venire? Alcuni ne dubitano, ma questo sarà l’argomenti di una prossima analisi.