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La lunga strada della globalizzazione
Negli ultimi venti anni la globalizzazione si è trasformata in uno dei temi più dibattuti a livello planetario. Per Amartya Sen il bilancio del processo nel corso dei secoli è positivo. Per Stiglitz è negativo
Per Amartya Sen, premio Nobel per l’economia, la globalizzazione ha determinato in primis un arricchimento scientifico e culturale dell’intero pianeta, seguito da un non disprezzabile miglioramento delle condizioni economiche di centinaia di milioni di persone in ogni angolo del pianeta.
Per Joseph Stiglitz e i critici del neo-liberismo, il fenomeno presenta un bilancio complessivo negativo perché avrebbe accelerato le disuguaglianze. Il Fondo Monetario Internazionale, organismo sovranazionale che suole muoversi fuori dalle dispute accademiche, ha confermato che i dati in suo possesso dimostrano che, a partire dal 2007, la disuguaglianza è cresciuta in seguito all’introduzione delle nuove tecnologie, degli investimenti esteri e del processo di delocalizzazione delle attività produttive.
Prima di tutto bisognerebbe chiedersi quando è partito il fenomeno: 20, 200 o duemila anni fa? Impossibile saperlo. L’integrazione tra attività produttive e modelli sociali risale alla notte dei tempi. Anche se Adam Smith non ha mai utilizzato il termine globalizzazione, questo rappresenta uno dei temi cardine del suo libro ‘La ricchezza delle nazioni’.
La sua descrizione dello sviluppo economico è fondata sul principio dell’integrazione dei mercati nel corso del tempo. La progressiva espansione della divisione e specializzazione del lavoro ha determinato un’accelerazione del commercio internazionale. L’avvio del processo di urbanizzazione può essere considerato una fase iniziale della globalizzazione, anche se ha coinvolto una porzione di mondo sensibilmente meno estesa rispetto a quella coinvolta attualmente.
Smith aveva in mente un esempio particolare quando scriveva di integrazione dei mercati tra i continenti: Europa e America. La scoperta dei nativi Americani da parte degli europei ha –secondo Smith- avviato un intenso processo di divisione del lavoro tra i due continenti. Anche in alcuni studi di recente pubblicazione si argomenta che la scoperta dell’America, avvenuta nel 1492 ad opera di Cristoforo Colombo, rappresenti uno spartiacque per l’accelerazione della globalizzazione grazie all’abbattimento dei costi di trasporto derivante dalla scoperta di nuove commodities e dal conseguente sviluppo di nuove forme di carburanti.
Smith sosteneva che la scoperta di ricche miniere di oro e argento e l’arrivo in Europa di enormi quantità di entrambi i metalli preziosi cambiò la storia dell’economia continentale. Dopo un lungo periodo di stagnazione, i prezzi dei beni in Europa cominciarono a salire perché le valute continentali erano legate alle quotazioni dell’argento e dell’oro. L’impatto fu talmente forte da parlare di una rivoluzione dei prezzi che determinò elevati livelli di inflazione.
Il trend si bloccò solo nel 1650. Molti economisti ipotizzano che l’inflazione europea sarebbe stata ancora più devastante senza il contributo, in termini di argento e oro, dato dalle miniere localizzate in Sudamerica.