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Il peso del Qe sui rendimenti di bond e azioni
Il quantitative easing ha rappresentato uno strumento di politica monetaria estremamente importante, utilizzato prima per alleviare i problemi di liquidità dei mercati finanziari
I rendimenti costituiscono parametri piuttosto imprecisi, dietro cui si possono celare molte informazioni. Nel caso delle obbligazioni, i guadagni sono dati dalla somma di rendimento (yield) e variazione di prezzo. Le variazioni di prezzo dipendono a loro volta dalle variazioni dei rendimenti: al calo del rendimento corrisponde un aumento della quotazione. Uno degli obiettivi del Qe era quello di spingere i rendimenti obbligazionari a livelli inferiori a quelli che avrebbero altrimenti raggiunto, e quasi tutti concordano nel ritenere che tale obiettivo sia stato conseguito, facendo aumentare i guadagni degli investitori.
Si può ragionevolmente prevedere che con il quantitative tightening (Qt) i rendimenti precedentemente tenuti sotto pressione riprenderanno lentamente a salire, anche se l'effetto di contenimento esercitato dal Qe è stato relativamente modesto. È in ogni caso probabile che gli strumenti obbligazionari saranno penalizzati dal Qt e dall'aumento dei tassi, a meno che l'economia globale non scivoli presto in un'altra recessione.
I rendimenti azionari sono leggermente più criptici, ma possiamo adottare un approccio piuttosto rudimentale per stimare la quota di rendimenti azionari associata a un aumento degli utili societari e la quota di rendimenti associata semplicemente al pagamento di prezzi più alti per ottenere un dato livello di utili previsti. Sembra che, fino a tempi relativamente recenti, la maggior parte dei guadagni generati dall'inizio del Qe sia rientrata in quest'ultima quota, essendo imputabile al pagamento da parte degli investitori di un importo maggiore per una determinata unità di utile (aumento dei rapporti P/e) piuttosto che all'incremento della redditività (utili per azione).
Questo non si applica a tutti i mercati: gli utili prospettici giapponesi sono raddoppiati negli ultimi cinque anni mentre ciascuna unità di utile è divenuta meno cara. Gli utili statunitensi attesi sono invece saliti di quasi l'80% nell'ultimo decennio e ogni unità di questi utili è divenuta più cara del 20% circa. Ma a livello globale, dopo il crollo e la ripresa degli utili terminata nel 2011, la redditività globale ha evidenziato una fase di stagnazione durata cinque anni, sebbene nello stesso periodo le azioni abbiano comunque generato ottimi rendimenti. In tale periodo gli operatori hanno pagato di più per ogni dollaro di utile previsto; in altre parole, i rendimenti azionari, come i rendimenti obbligazionari, sono diminuiti in tale arco di tempo, spingendo al rialzo le quotazioni e alimentando i guadagni degli investitori.
Se seguiamo l'evolversi degli eventi fino alla metà del 2018 osserviamo che circa la metà dei rendimenti delle azioni globali dall'inizio del Qe è ascrivibile al pagamento di importi superiori per una data unità di utili, mentre l'altra metà è dovuta alla maggiore redditività societaria. Parallelamente all'aumento degli importi pagati per ogni dollaro di profitto si è verificato un aumento degli importi corrisposti per ogni dollaro di cedola obbligazionaria. Con il calo dei rendimenti nei mercati obbligazionari, le azioni sono divenute più appetibili malgrado il ristagno quinquennale dei profitti. I rendimenti dei mercati azionari sono stati trainati da questo contesto più generale dei mercati finanziari.