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Il risparmio delle famiglie italiane
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Il ‘Rapporto sulle scelte d’investimento delle famiglie’ curato dalla Consob, sottolinea che la ricchezza netta dei nuclei familiari italiani rimane stabile sui livelli del 2012 attestandosi a 9 volte il reddito disponibile (il dato medio per i Paesi dell’area euro è 8 volte il reddito disponibile).
Tuttavia, il tasso di risparmio lordo, rispetto al reddito disponibile, continua a calare e ad attestarsi al di sotto della media dell’area euro. A fine 2017 risultava pari al 9,7%, a fronte dell’11.8% della media dell’Eurozona. Il quadro d’insieme fotografato dalla Consob lascia ipotizzare che la buona tenuta dei risparmi degli italiani sia legata a processi di accumulazione avvenuti in passato e non alla capacità di accantonamento dei nuclei familiari.
La maggior parte del campione di cittadini intervistato dalla Consob dichiara di assumere le informazioni utili per l’investimento dal funzionario di banca e solo il 25% degli intervistati fa riferimento al prospetto finanziario. La maggioranza del campione ricorre ai consigli di amici e parenti (cosiddetta consulenza informale), poco più del 20% si affida alla consulenza professionale o delega un esperto, il 28% sceglie in autonomia. A fine 2017 il tasso di partecipazione delle famiglie italiane al mercato finanziario si attesta al 29%; dopo i depositi bancari e i prodotti postali, le attività che pesano di più nel portafoglio degli investitori sono i fondi comuni e i titoli di Stato.
Il 40% non monitora i propri investimenti. L’attitudine al monitoraggio è più frequente tra gli intervistati assistiti da un consulente professionale, oltre a crescere con l’età, il livello di istruzione e le competenze finanziarie. Sul versante degli aspetti positivi individuati dal Rapporto troviamo la minore propensione all’indebitamento dei nuclei familiari italiani rispetto alla media europea. A fine 2017 il rapporto debito delle famiglie -Pil è pari al 40% a fronte di poco meno del 60% per la media dell’area euro, evidenzia l’indagine.
Più del 50% degli intervistati non è in grado di definire in cosa consista il servizio di consulenza in materia di investimenti. Dopo aver ricevuto la raccomandazione di investimento, più del 60% segue il consiglio, mentre soltanto il 10% si rivolge a una fonte diversa per una second opinion. Il 30% circa dei risparmiatori che si affidano a un consulente o a un gestore dichiara di non aver avuto alcun contatto con il professionista di riferimento nel corso dell’anno precedente.
La maggior parte del campione mostra un’elevata avversione alle perdite e dichiara di non essere orientata all’assunzione di rischio nelle scelte di investimento. Tali attitudini sono più frequenti al crescere dell’età e della propensione all’ansia finanziaria, mentre risultano negativamente correlate con le conoscenze finanziarie, la preferenza per le informazioni numeriche, l’apprezzamento per le attività impegnative sul piano cognitivo e la ricchezza.
A fine 2017 il tasso di partecipazione delle famiglie italiane al mercato finanziario si attesta al 29%; dopo i depositi bancari e i prodotti postali, le attività che pesano di più nel portafoglio degli investitori sono i fondi comuni e i titoli di Stato. La propensione all’investimento è più frequente fra gli individui residenti nel Nord d’Italia.
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