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Brasile al bivio
Domenica 28 ottobre Jair Bolsonaro, candidato del Partito Social-Liberale, si scontrerà con Fernando Haddad, esponente del Partito dei Lavoratori, al ballottaggio delle presidenziali brasiliane, dopo che Bolsanaro ha mancato di poco la maggioranza assoluta al primo turno elettorale due settimane fa.
Bolsonaro ha ottenuto più consensi di quanto previsto dai sondaggi e il suo partito ha registrato un risultato superiore alle aspettative alle elezioni del Congresso nazionale. Secondo le inchieste demoscopiche, l’ex militare è nettamente favorito per la vittoria, poiché Haddad non riesce a emergere dall’ombra dell’ex Presidente Lula da Silva e a lasciarsi alle spalle lo scandalo che ha coinvolto il Partito dei Lavoratori.
Bolsonaro è diventato anche il candidato preferito dai mercati, soprattutto adesso che le alternative di centro-destra sono ormai fuori dai giochi. Dopo il primo appuntamento alle urne, la borsa brasiliana ha messo a segno una netta sovraperformance rispetto alle altre piazze emergenti nel quadro della volatilità globale che ha colpito gli strumenti di rischio.
Nell’improbabile caso di una vittoria a sorpresa di Haddad, gli investitori potrebbero cambiare opinione, anche se un eventuale nuovo governo del Partito dei Lavoratori si dimostrerebbe probabilmente più pragmatico dei suoi predecessori. Ma la fiducia che i mercati sembrano riporre in Bolsonaro come fautore di riforme economiche è giustificata?
Con il suo piglio autoritario e le sue dichiarazioni controverse, Bolsonaro cavalca l’onda globale del populismo conservatore. Ma, anche se l’ex militare ha condotto una campagna elettorale vaga sul fronte economico e in passato ha votato contro le riforme, di recente ha adottato toni tutt’altro che populisti. Il suo principale consulente economico, Paulo Guedes, che ha studiato all’Università di Chicago ed è proiettato verso la poltrona di Ministro dell’Economia in un eventuale governo del Partito Social-Liberale, promuove un piano radicale di riforma incentrato sulle privatizzazioni e sui tagli alla spesa pubblica.
Bolsonaro somiglia al Presidente americano Donald Trump non solo per il modo impulsivo di fare politica, ma anche perché a sua volta prenderebbe le redini di un’economia in fase di ripresa, ma afflitta da livelli strutturalmente elevati di debito pubblico lordo e disavanzo di bilancio. Il rapporto debito pubblico/PIL del Brasile dovrebbe superare l’80% e, alla luce degli elevati livelli dei tassi d’interesse, diventa importante ottenere un avanzo primario.
Per raggiungere questo obiettivo è probabile che il governo debba tagliare le sovvenzioni statali e dare il via alle privatizzazioni, misure che però potrebbero anche non bastare. Quasi metà del bilancio federale è destinata alle pensioni e alla sicurezza sociale, due voci che negli ultimi 20 anni hanno rappresentato il 79% della crescita della spesa federale in rapporto al PIL.
Per questo motivo, gli investitori potrebbero interrompere rapidamente la luna di miele di Bolsonaro se non vedessero progressi concreti sul fronte della riforma pensionistica entro la metà dell’anno prossimo. È difficile immaginare che il Brasile possa rispettare il tetto massimo della spesa pubblica – approvato due anni fa mediante una modifica della Costituzione durante il governo di Michel Temer – senza mettere mano alle pensioni.
Secondo il team di Neuberger Berman, un fattore forse ancora più importante è che un’eventuale vittoria di Bolsonaro la prossima domenica rafforzerebbe il clima di fiducia nei confronti dell’America Latina. Infatti, il governo brasiliano andrebbe ad aggiungersi a quelli che si schierano contro il regime in Venezuela e la ripresa dell’economia brasiliana farebbe da traino al resto della regione, in particolare Argentina e Uruguay.