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Banca d’Italia: in lieve rialzo la stima del Pil 2019
La Banca d'Italia ha rivisto le proiezioni del Pil di quest'anno lievemente in crescita, mentre le previsioni del 2020 e del 2021 sono lievemente inferiori. Una politica monetaria più espansiva, l'aumento dei consumi familiari e gli investimenti delle imprese aiuterrano questo quadro.
La Banca d'Italia ha rivisto in "marginale" rialzo la stima sul Pil di quest'anno e ha ridotto lievemente quelle sulla crescita nel prossimo biennio. Quest'anno, indica una nota di via Nazionale - che ha elaborato i dati nell’ambito dell’esercizio coordinato dell'Eurosistema -, la proiezione centrale è di una crescita dello 0,2% nella media dell'anno che si rafforzerebbe gradualmente nei tre anni successivi, portandosi allo 0,5% nel 2020, allo 0,9% nel 2021 e all'1,1% nel 2022. Rispetto alle precedenti proiezioni che sono state presentate lo scorso luglio, la stima è marginalmente più elevata per l’anno in corso, grazie a informazioni più favorevoli in relazione ai primi nove mesi dell'anno, e lievemente inferiore nel 2020 e nel 2021, a seguito degli effetti della più accentuata debolezza del quadro internazionale, in larga parte, ma non interamente, compensati dallo stimolo dei tassi più bassi.
Ritocco per una politica monetaria più espansiva
Il quadro macro prospettato dalla Banca centrale si basa, spiega la nota, sull’ipotesi di un rafforzamento molto graduale del commercio mondiale, dopo la battuta di arresto del 2019. Il profilo dei tassi e del prezzo del petrolio è quello espresso dalle quotazioni dei mercati nei dieci giorni operativi al 19 novembre. Allo stesso modo, la base da cui sono scaturite le stime incorpora un rendimento dei titoli di Stato decennali più basso di quello previsto a luglio (di circa 50 punti base nel 2019 e 90 punti base nel biennio 2020-21). Un effetto, ha spiegato Banca d’Italia, reso possibile da una politica monetaria più espansiva e dalla riduzione dei premi per il rischio sovrano. Lo scorso 12 settembre la Bce ha ridotto i tassi sui depositi (di 10 punti base a -0,50%) e ha riavviato gli acquisti di titoli – da novembre – per 20 miliardi di euro al mese finché sarà necessario.
Contributo da consumi famiglie e investimenti imprese
Alla crescita del Pil contribuiranno sia i consumi delle famiglie sia gli investimenti in beni strumentali, sospinti da condizioni di finanziamento favorevoli. Le esportazioni aumenteranno in linea con la crescita moderata della domanda estera per il ‘made in Italy’. Anche l’occupazione è attesa migliorare, anche se con tassi lievemente inferiori a quelli del Pil. L’inflazione salirà gradualmente nel prossimo triennio. I prezzi aumenteranno dello 0,6% quest’anno, dello 0,7% nel 2020, dell’1,1% nel 2021 e dell’1,3% nel 2022. Rispetto alle precedenti stime, l’inflazione è stata rivista in calo di 0,1 punti nel 2019, di 0,2 punti nel 2020 e di 0,3 punti nel 2021, principalmente per effetto dei minori prezzi delle materie prime. L’inflazione di fondo rimarrà contenuta quest’anno e nel 2020, per poi salire progressivamente nel biennio successivo, spinta da un graduale rafforzamento della crescita dei salari e dall’aumento dei margini di profitto.
Le possibili incognite sul cammino della crescita
Secondo le nuove proiezioni di Via Nazionale, i consumi delle famiglie sono stimati in crescita dello 0,5% quest’anno (+0,4% in luglio), dello 0,8% nel prossimo (+0,9%), dello 0,7% nel 2021 (+0,9%) e dello 0,8% nel 2021. Per quanto riguarda gli investimenti fissi lordi, sono visti in aumento del 3,1% quest’anno (+1,3%), dello 0,4% nel prossimo (+0,8%), dell’1,6% nel 2021 (+1,8%) e del 2,1% nel 2021. Le nuove stime hanno rivisto in leggero ribasso la crescita attesa per le esportazioni: nel dettaglio, a +2,6% per il 2019 (da +2,7%), a +1,7% per il 2020 (+2,8%), a +2,5% per il 2021 (+3,4%) e a +1,9% per il 2022. I rischi principali che, secondo Via Nazionale, “circondano queste proiezioni di crescita” restano legati all’incertezza globale, alle tensioni commerciali e all’andamento dell’economia nei principali partner europei che condizionerebbe il nostro export e la propensione a investire delle imprese. Da non sottovalutare, inoltre, la possibile volatilità finanziaria che potrebbe ripercuotersi sui costi di finanziamento di famiglie e imprese.