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Bce: l’inflazione pesa ancora sulla politica monetaria

La Bce stima che l'inflazione scenderà verso il target nella seconda metà del 2025. L’economia dell’Eurozona cresce più lentamente, sostenuta soprattutto dai servizi. La ripresa futura dipenderà da consumi ed export, con rischi principali legati a rallentamenti globali e tensioni geopolitiche.

21/08/2024
bandiera europea con i paesi vicino
Report numero 5 della Bce

Il Consiglio direttivo della Bce è determinato a riportare l'inflazione al target di medio termine del 2% e, per questo, manterrà i tassi d’interesse su livelli restrittivi, finché necessario per raggiungere tale obiettivo. È quanto contenuto nell’ultimo bollettino dell’Eurotower, che spiega così lo status quo della politica monetaria deciso nella riunione che ha preceduto la pausa estiva. Per decidere il livello e la durata di questa restrizione, la Bce conferma il suo approccio che si baserà sui dati che saranno pubblicati nel frattempo, valutando quindi la situazione di riunione in riunione. In particolare, l’attenzione dei policymaker si concentrerà sulla dinamica delle tensioni inflative, sull’andamento dell’inflazione di fondo, sui dati economici e finanziari e sull’efficacia della politica monetaria.

Le pressioni interne restano elevate

Così, in linea con le previsioni, la Bce è rimasta immobile perché – spiega nel report – le nuove indicazioni arrivate sono risultate sostanzialmente invariate rispetto alle valutazioni precedenti. In altre parole, nel mese di giugno le misure sono rimaste sì stabili o leggermente diminuite, ma dopo il lieve rialzo dell’inflazione di fondo visto a maggio (anche se dovuto a fattori temporanei). Come atteso, le ripercussioni inflative della forte crescita dei salari sono state assorbite dai profitti. Nonostante questo aspetto, le pressioni interne sui prezzi rimangono elevate - avverte la Banca centrale - l'inflazione complessiva sembra destinata a rimanere sopra l'obiettivo per gran parte del prossimo anno. Intanto, l’inflazione annua a giugno si è attestata sul 2,5%, con i prezzi alimentari in calo al 2,4% e quelli energetici rimasti stabili.

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La corsa dei salari

Se da una parte l’inflazione dei beni e dei servizi (invariata, rispettivamente allo 0,7% e al 4,1%) desta meno timori, si guarda invece con apprensione al fatto che i salari continuano a crescere compensando il periodo di alta inflazione. Tuttavia, così facendo contribuiscono di fatto ad alzare il costo del lavoro per unità di prodotto (trend abbinato a una bassa produttività), anche se con una decelerazione rispetto al primo trimestre. A causa del ritardo negli adeguamenti salariali e del forte impatto dei pagamenti una tantum, è probabile che il costo del lavoro continui a crescere a ritmi elevati nel breve termine. La Bce stima che l'inflazione rimanga stabile per il resto dell'anno, per poi calare verso l'obiettivo nella seconda metà del 2025. Le aspettative di inflazione a lungo termine restano dunque stabili, intorno al 2%.

Ripresa più lenta rispetto al primo trimestre

Nel secondo trimestre, l’economia dell’Eurozona è cresciuta ma a un ritmo probabilmente più lento rispetto al primo trimestre. La ripresa, secondo la Bce, è stata sostenuta dai servizi, mentre la produzione industriale e l’export di beni sono rimaste deboli. Gli investimenti mostrano per quest’anno una crescita modesta, in un clima di maggiore incertezza. In futuro, si prevede che la ripresa sarà guidata dai consumi, grazie al calo dell'inflazione e al rialzo dei salari e da un aumento delle esportazioni trainato dalla domanda mondiale. Inoltre, l'effetto frenante della politica monetaria sulla domanda dovrebbe diminuire con il tempo. Il mercato del lavoro resta solido (disoccupazione stabile al 6,4% a maggio, la più bassa dal varo dell'euro). È probabile che nel secondo trimestre siano stati creati più posti di lavoro.

I rischi sono soprattutto negativi

I rischi per la crescita, riconosce la Bce, sono principalmente negativi. L’Eurozona potrebbe risentire di un rallentamento globale o di crescenti tensioni commerciali. A questi rischi si affiancano quelli geopolitici legati alle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, che potrebbero ridurre la fiducia e interrompere i commerci globali. La crescita economica potrebbe essere più debole del previsto se l'impatto della politica monetaria fosse maggiore del previsto, ma potrebbe essere più forte se l'inflazione calasse rapidamente, la fiducia aumentasse o l'economia mondiale crescesse più del previsto. Sulla dinamica dell’inflazione pesa l’andamento dei salari, dei costi energetici e dei trasporti, così come potrebbero impattare eventuali fenomeni meteorologici estremi e la crisi climatica, comportando un possibile aumento dei prezzi alimentari.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

bce politica monetaria inflazione
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