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Cina: prossimo leader nella lotta al cambiamento climatico?
La Cina, che raggiungerà il picco delle emissioni nel 2030, ha annunciato di puntare alle zero emissioni nette per il 2060: obiettivo che potrebbe farla diventare, secondo Schroders, un Paese leader nella lotta al cambiamento climatico. Il costo della transizione sarà di circa il 2% del Pil.
La Cina potrebbe riservare un effetto sorpresa nella lotta contro l’inquinamento e, a dispetto delle previsioni, diventare addirittura il leader mondiale in questa ‘guerra’ al cambiamento climatico. Infatti, secondo Anastasia Petraki, head of policy research di Schroders, nella corsa verso il ‘Net Zero’, in nessuna area del mondo sta ricevendo tanta attenzione quanto in Cina. La copertura mediatica delle strategie di Pechino (come lo stop ai finanziamenti per nuove centrali a carbone all’estero) è indicativa, per un mercato sempre più consapevole che è necessario che il Paese contribuisca alla riduzione delle emissioni di carbonio. Non tanto perché è il maggiore emittente (seguito da Ue, India, Russia e Giappone), ma perché lo è diventato in un periodo di tempo molto breve.
Pechino programma il ‘Net Zero’ per il 2060
Mentre nei primi anni ’90 parte del mondo sviluppato raggiungeva il picco di emissioni, la Cina (ma anche l’India) iniziava il suo processo di industrializzazione che ha ‘richiesto’ maggiori emissioni di carbonio. Quindi, anche se nel frattempo il livello di emissioni Usa è rimasto stabile e quello Ue si è ridotto, in Cina è quadruplicato. L'annuncio di Pechino (settembre 2020), di voler raggiungere zero emissioni nette di carbonio entro il 2060 ha sorpreso alcuni, soprattutto per il fatto che altre importanti economie come Usa e Australia non avevano ancora fissato alcun target. Ci sono state anche critiche rispetto alla decisione cinese di concedersi 10 anni di più rispetto ad altre aree, come l’Ue, che mira a raggiungere l’obiettivo ‘Net Zero’ entro il 2050.
I due modi per misurare le emissioni di carbonio
Tuttavia, osserva Petraki, in questo dibattito si sottovalutano due elementi. Il primo è che i Paesi misurano le proprie emissioni e fissano i target in base alla produzione, ma un altro modo sarebbe di guardare alle emissioni sulla base dei consumi, ovvero alle emissioni aggiustate per gli scambi commerciali. In altre parole, se un prodotto viene esportato, allora le emissioni legate a questa produzione verranno ‘caricate’ al Paese importatore. Quindi, essendo la Cina un esportatore netto, le sue emissioni legate ai consumi sono inferiori rispetto a quelle legate alla produzione. Il secondo punto è quanto siano ambiziosi i target della Cina, soprattutto se si considera a che punto si trova ora e quanto tempo si è concessa per raggiungere tale obiettivo.
Il picco delle emissioni sarà raggiunto nel 2030
Da rilevare che, mentre altre regioni come l’Ue hanno raggiunto il picco delle emissioni nel 1990, la Cina non l’ha ancora raggiunto e comunque prevede di farlo solo nel 2030. Quando lo farà, secondo l’esperta di Schroders, il livello di emissioni sarà probabilmente doppio o triplo rispetto al picco dell’Ue (Regno Unito incluso). Ciò significa che la Cina dovrà gestire la transizione in metà del tempo rispetto all’Europa, coprendo un livello più che doppio. In questa corsa la Cina avrà anche 15 anni in meno a disposizione rispetto agli Usa. Il fatto che la Cina abbia una transizione più lunga da affrontare e meno tempo implica che dovremmo aspettarci in futuro da Pechino un cambiamento più radicale e interventista in termini di politiche ‘green’ e finanza sostenibile.
I costi della transizione pari al 2% del Pil
La transizione comporterà cambi strutturali all’economia cinese, come una forte riduzione della produzione industriale e uno shock sulle fonti energetiche (allontanamento rapido dal carbone). Boston Consulting stima che il costo della transizione sarà compreso tra 13.500 e 15.000 miliardi di dollari entro il 2050, circa il 2% del Pil cinese nel periodo 2020-2050. Di riflesso, anche se l’Ue viene spesso considerata il leader della corsa verso il ‘Net Zero’, le azioni più radicali potrebbero arrivare dalla Cina, che potrebbe quindi diventare uno dei leader globali delle politiche sul cambiamento climatico. Se avrà successo, la Cina dimostrerebbe alle altre economie emergenti, come India e Russia, che si tratta di un obiettivo raggiungibile.