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Covid: drammatico effetto su occupazione femminile

La crisi innescata dal Covid ha avuto finora pesanti effetti sul mercato del lavoro, che registra un crollo degli addetti del settore servizi e un drammatico impatto sull’occupazione femminile. Buona invece la domanda di nuova occupazione nell’edilizia e nell’alimentare.

 

09/04/2021
due giovani donne al pc

Gli effetti della pandemia sul mercato del lavoro sono molteplici. A farne le spese è stato soprattutto il mondo femminile, il cui divario rispetto alla forza lavoro maschile si è sensibilmente allargato dopo i progressi dei precedenti tre anni. Probabilmente, secondo l’analisi di Banca d’Italia, le difficoltà nella gestione familiare (i figli a casa) derivate dalle misure restrittive adottate per contenere i contagi hanno penalizzato soprattutto la figura femminile. Ma l’impatto del Covid-19 sull’occupazione si è manifestato anche nel crollo dei lavoratori nei settori del turismo e del commercio al dettaglio, mentre ha favorito l’edilizia (che ha trovato propellente nelle agevolazioni fiscali) e i trasporti (a seguito del boom registrato dall’eCommerce.

Ristagna il mercato del lavoro dipendente

Nei primi due mesi di quest’anno, secondo un rapporto di Banca d’Italia, l’occupazione dipendente regolare ha complessivamente ristagnato: il saldo tra le posizioni attivate e quelle giunte al termine è rimasto infatti, all’incirca, sui livelli registrati immediatamente prima dello scoppio della pandemia (-65mila a gennaio, 55mila a febbraio), all’inizio del 2020. Nel complesso, le cessazioni sono state 707mila a fronte di 697mila attivazioni. Alla fine del periodo che va dall’avvio della crisi pandemica (marzo 2020) allo scorso 28 febbraio sono stati creati circa 300mila posti di lavoro in meno rispetto ai precedenti dodici mesi: dopo il punto di minimo raggiunto a metà giugno (quasi -600 mila posti) è stata pertanto recuperata circa la metà del divario.

Frena la creazione di posti a tempo indeterminato

Come ci si aspettava, la pandemia ha fortemente rallentato la creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato: per questa tipologia di contratto le attivazioni nette cumulate sui dodici mesi, sono però rimaste positive, pari a 259mila. Su questo dato però, tiene a precisare Banca d’Italia, hanno inciso il blocco dei licenziamenti e la dinamica delle trasformazioni registrate alla fine dello scorso anno, sostenute dagli incentivi introdotti dal decreto ‘Agosto’. Infatti, a dicembre le stabilizzazioni di contratti temporanei sono state oltre 100mila (+20mila sullo stesso mese dell’anno precedente), riflettendo anche la scelta delle imprese di anticipare agli ultimi giorni del 2020 parte delle trasformazioni previste per i primi mesi del 2021.

È crollo dei posti nei servizi

Segno negativo per quanto riguarda la creazione netta di posti di lavoro temporaneo, rimasta molto al di sotto di quella registrata nel periodo antecedente la pandemia. A febbraio, infatti, la variazione cumulata sui dodici mesi è stata pari a -230mila posti di lavoro. Per quanto riguarda gli andamenti dei settori, il numero di posizioni nell’industria risultava a febbraio superiore di circa 70mila rispetto a un anno prima: la crescita è quasi esclusivamente imputabile al settore costruzioni, a fronte di un sostanziale ristagno nella manifattura (-6mila posti) e negli altri comparti (energia, gas e acqua). È stato significativamente più ampio il calo registrato nei servizi privati, pari a oltre -110mila posti in un anno (-140mila nel solo settore turistico).

Vivace la domanda nell’edilizia e nell’alimentare

La crisi generata dal coronavirus ha impattato in modo diverso la realtà occupazionale dei singoli settori monitorati. Per esempio, nell’industria, a fronte di una tenuta complessiva del comparto, la domanda di lavoro nella produzione di abbigliamento e di articoli di pelletteria è calata (di oltre 10mila posti), riflettendo i cambiamenti registrati nei consumi finali indotti dalle misure di contenimento dei contagi. L’andamento positivo del settore delle costruzioni (e di riflesso quello dell’edilizia) ha interessato l’intero territorio nazionale, ma è stato più intenso nelle aree urbane più grandi e nel Mezzogiorno. Anche il comparto alimentare ha registrato una crescita, favorendo la domanda di lavoro nelle province della pianura Padana e nel Mezzogiorno.

La pandemia e la differenza di genere

Il report dedica un focus sul divario di genere. A fine febbraio le posizioni lavorative occupate da donne erano circa 76mila in meno rispetto a un anno prima e quelle occupate da uomini erano invece 44mila in più, con una differenza di circa 120mila unità. Questo divario, secondo l’analisi di Via Nazionale, può dipendere da molteplici condizioni tra cui l’eterogeneità dell’evoluzione della domanda di lavoro, più sfavorevole nei comparti dove la presenza femminile risulta più diffusa, e dell’offerta di lavoro. La ricomposizione di quest’ultima, per altro, ha contribuito in maniera marcata al peggioramento della condizione occupazionale femminile: a essa sono riconducibili, infatti, circa 70mila delle 120mila posizioni perse in più dalle donne rispetto agli uomini.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

occupazione covid posti di lavoro banca d'italia
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