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Covid19: effetti negativi sul lavoro stagionale
La crisi economica causata dal Covid incide anche sul mercato del lavoro. L'occupazione stagionale è sicuramente quella più penalizzata secondo la Banca d’Italia. L'impatto è forte sui servizi e sul turismo, mentre i contratti a termine sono in forte calo.
La crisi economica innescata dal coronavirus è destinata inevitabilmente ad incidere sul mercato del lavoro. Si sentono già i primi effetti, soprattutto per quanto riguarda l’occupazione di carattere stagionale. È quanto emerge da un recente studio di Banca d’Italia, dal titolo “La crisi Covid e il mercato del lavoro: alcune conferme, alcune specificità regionali, alcune ipotesi”. Gli analisti hanno preso in esame i dati sui contratti di lavoro attivati e cessati da febbraio fino a metà aprile 2020 di 3 regioni: Veneto, Piemonte e Toscana, nelle quali si concentrava lo scorso anno il 23,7% dei dipendenti del Paese. “Il confronto tra gli andamenti osservati in queste aree, diverse per caratteristiche strutturali, permette - scrive l’Istituto - di comprendere meglio quali sono gli impatti dell’attuale crisi”.
Turismo e servizi sono i settori più penalizzati
Nelle tre regioni esaminate c’è stato un calo significativo nelle attivazioni di contratti di lavoro dipendente, ma con qualche differenza: la contrazione è stata meno intensa in Piemonte rispetto alle altre due aree. Tale comportamento, secondo l’analisi di Via Nazionale, è riconducibile al fattore stagionalità. Veneto e Toscana, infatti, sono di norma interessate da occupazione a termine e stagionale nei servizi (commercio, ristorazione, etc etc) e nel turismo: tutti settori che sono stati particolarmente colpiti dall’emergenza sanitaria da Covid-19.
Forte calo dei contratti a termine
Infatti, secondo la nota, sono state “le assunzioni con contratti a termine a calare notevolmente dall’inizio della crisi, soprattutto in Veneto e Toscana”. Queste regioni presentano di solito “una concentrazione delle variazioni a inizio e fine stagione, in quanto più attive nei settori del turismo e dei servizi collegati soggetti ad alta stagionalità”. In Piemonte, nel dettaglio, il minor peso del turismo “determina una minore diffusione dei contratti stagionali: nel 2018 rappresentavano il 3% dei contratti attivati, contro il 10% del Veneto e il 9% della Toscana”. C’è inoltre da considerare che, prima dell’epidemia, il peso delle attivazioni nel comparto turismo era inferiore in Piemonte (33%) rispetto alla Toscana (45%) e al Veneto (41%).
Nei prossimi mesi prevedibile meno occupazione nel Sud
L’analisi trova conferma nel confronto con la dinamica del mercato del lavoro che si riscontra nelle altre regioni del Paese con una vocazione turistica maggiore: per esempio, oltre il 34% delle attivazioni sono contratti a termine nella provincia di Bolzano, 10% in Campania e Sicilia, il 22% in Sardegna, con picchi nel periodo estivo. “Nel Mezzogiorno – secondo Banca d’Italia - il peso delle attivazioni temporanee supera il 70% mentre al Nord si attesta intorno al 50%, il che fa prevedere che nelle regioni del Sud potrebbero manifestarsi significativi cali dell’occupazione nei prossimi mesi”.
Le performance negative di Veneto e Toscana
Considerando il saldo tra nuove attivazioni di contratti di lavoro (tempo indeterminato, apprendistato e tempo determinato) e le cessazioni, il calo più marcato è stato dunque in Veneto e in Toscana, sia in valori assoluti (al 15 aprile i posti di lavoro in meno erano 46.500 in Veneto, 43mila in Toscana e 21.100 in Piemonte), sia tenendo conto della diversa numerosità della forza lavoro nelle tre regioni (in Piemonte sono mancate 15 attivazioni nette ogni mille dipendenti, a fronte di 28 in Veneto e 36 in Toscana). “Come già emerso dall’analisi dei dati preliminari del Veneto, il calo è stato determinato da una marcata riduzione delle assunzioni, soprattutto di quelle con contratti a termine”.