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Fixed income: nella volatilità ci sono opportunità
Il rialzo dei tassi potrebbe portare all’inasprimento delle condizioni di credito, creando così opportunità di generare rendimenti obbligazionari. I Paesi emergenti sono meglio posizionati per beneficiare della riduzione dei tassi. Il dollaro potrebbe indebolirsi per la frenata dell'economia Usa.
La volatilità la farà da padrone sul mercato obbligazionario nel prossimo futuro, condizionato da molti dubbi, soprattutto quelli legati a un’inflazione vischiosa, al rallentamento della crescita economica, al quadro geopolitico e, anche, al clima che si respira da un po’ di tempo a questa parte nel settore bancario. Sebbene questo quadro inviti a rimanere ai margini, perché probabilmente impegnativo, è bene che gli investitori sappiano che la volatilità – nota Arif Husain, CIO, head of international fixed income, co-gestore del fondo T. Rowe Price Funds SICAV - Dynamic Global Bond di T. Rowe Price - spesso genera dislocazioni delle quali si può potenzialmente approfittare grazie a un portafoglio flessibile e a un approccio di gestione attiva. Inoltre, insiste, con il persistere di un’alta volatilità, non mancheranno di emergere in futuro altre opportunità per aumentare l’esposizione al credito.
Non sottovalutare l’effetto ritardato del rialzo dei tassi
Sebbene i solidi fondamentali del credito continuino a essere di supporto, i mercati del rischio (in particolare l’azionario) potrebbero dover affrontare alcune sfide nel corso dell’anno. Infatti, secondo il gestore, l’impatto dell’inasprimento della politica monetaria è di solito ritardato: è quindi possibile che a un certo punto emergano altre tensioni, soprattutto considerato il ritmo aggressivo dei rialzi dei tassi dal 2022. Inoltre, aggiunge, le turbolenze del settore bancario potrebbero portare a un inasprimento delle condizioni di credito, aggiungendo un altro ostacolo all’economia. Questo, dunque, offre opportunità di generare alpha potenzialmente interessanti nello spazio dei tassi, in un contesto di maggiore dispersione della politica monetaria. Nei mercati del rischio, invece, la finestra di opportunità per aggiungere rischio di credito per ora sembra essere passata.
Fuori discussione tagli della Fed quest’anno
Per quanto riguarda i tassi, Husain ritiene che l’attuale panorama sia più favorevole alla generazione di alpha. Ne è un esempio quello che è successo negli Usa, dove le turbolenze bancarie hanno portato i mercati a prezzare diversi tagli dei tassi quest’anno. Per Husain è però improbabile la possibilità che la Fed – dopo la pausa che si è presa a giugno – tagli rapidamente, viste l’attuale dinamica dell’inflazione e del mercato del lavoro. Lo scenario di base prevede infatti che i tassi Usa rimangano più alti di quanto oggi preveda i mercati. Il motivo è che le pressioni sui prezzi si stanno raffreddando, probabilmente non abbastanza velocemente da spingere la Fed a un ciclo di tagli anticipato, dato che l’inflazione rimane sostanzialmente sopra il target del 2%. Lo stesso vale per il mercato del lavoro, che potrebbe allentarsi, ma solo gradualmente e comunque da una posizione di estrema rigidità.
I Paesi emergenti meglio posizionati sul calo dei tassi
Escludendo, dunque, tagli dei tassi Usa entro il 2023, il gestore si aspetta che il rendimento dei Treasury a due anni risalga. In sostanza, è probabile che la curva si irripidisca o si normalizzi con la fine del ciclo di rialzi. Si tratta di una visione a lungo termine, che potrebbe svilupparsi in alcuni trimestri. Un’altra tendenza chiave ritenuta favorevole per la generazione di alpha nei tassi è la dispersione del ciclo di politica monetaria. Non tutti i Paesi, infatti, si trovano allo stesso punto: le Banche centrali dei Paesi emergenti, ad esempio, hanno iniziato ad alzare i tassi prima e sono vicine al picco o, addirittura, hanno chiuso il ciclo di rialzo. Nei mercati emergenti, quindi, l’attenzione si concentra ora sulla sequenza, ossia su quanto a lungo le Banche centrali terranno fermi i tassi prima di adottare i tagli. E alcune di loro potrebbero iniziare a ridurre i tassi già nel 2023.
Previsioni di ribasso per il dollaro
Poi, nei mercati sviluppati, c’è un palcoscenico tutt’altro che uniforme. Alcune Banche centrali, come quella australiana, hanno ammorbidito le loro indicazioni sul futuro inasprimento, mentre altre, come la Bce, mantengono una strategia aggressiva nella lotta contro l’inflazione. Infine, c’è la Bank of Japan, che è un’eccezione con la sua politica monetaria accomodante. Tuttavia, avverte Husain, a un certo punto dell’anno la BoJ potrebbe modificare la propria politica di controllo della curva dei rendimenti e ciò sarà più probabile quando le condizioni di mercato saranno più calme e le pressioni sui rendimenti globali diminuiranno. Discorso a parte sul dollaro che, dopo un periodo di forza pluriennale, rischia di indebolirsi a causa della frenata dell’economia e della prospettiva che la Fed sospenda gli aumenti dei tassi d’interesse prima delle altre Banche centrali.