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Inflazione: gli shock dovrebbero favorire gli emergenti
Le Banche centrali di molti Paesi emergenti, esperte nella lotta all’inflazione, si sono affrettate ad alzare i tassi. Una scelta che tende a favorire gli asset di questi mercati, i cui rendimenti sono amplificati dalla forza del dollaro. In Turchia la politica al contrario condanna la lira.
I mercati emergenti che hanno ‘giocato’ in anticipo la partita contro l’inflazione, secondo gli esperti, dovrebbero risultare avvantaggiati se dovessero fronteggiare nuovi shock dei prezzi. Certamente il momento che attraversa il loro debito in valuta locale non è dei più favorevoli. Però, secondo Michael Ganske, portfolio specialist di T. Rowe Price, anche se i rendimenti hanno continuato a navigare in acque agitate sin dall’inizio dell’anno, in questa asset class non ci sono solo aspetti negativi, sia nel breve sia nel lungo termine. Uno dei punti a loro favore, infatti, è proprio un credito più remunerativo.
L’azione rapida dettata 'dall’esperienza'
La chiave di volta è come questi Paesi hanno affrontato la montante inflazione, soprattutto perché questa si è affiancata alla progressiva ripresa dalla crisi della maggior parte delle economie. Molte Banche centrali dei mercati emergenti hanno cercato di alzare i tassi di interesse molto più velocemente rispetto a quanto fatto dalle controparti dei mercati sviluppati. Questa rapidità nel contrasto, secondo l’esperto, può derivare dall’esperienza: gli emergenti, infatti, hanno prevalentemente una lunga e travagliata storia di lotta contro l'aumento dei prezzi e gli effetti che l’inflazione ha sul deprezzamento della valuta.
Il premio per la valuta locale
Ma perché eventuali nuovi shock sui prezzi dovrebbero favorire proprio chi ha già alzato i tassi d’interesse? Con l'inflazione dei mercati sviluppati che continua a sorprendere al rialzo, spiega Ganske, i Paesi che si stanno muovendo in anticipo sulla pressione dei prezzi, inasprendo le politiche proattivamente, dovrebbero essere premiati con una sovraperformance della valuta nel medio termine. I dati mostrano, per altro, come le valute dei primi ‘falchi’ tra i Paesi emergenti (tra questi spiccano il Perù, il Messico, la Russia e l’Indonesia) siano riusciti a combattere l'inflazione meglio rispetto a chi non si è ancora mosso.
I rendimenti amplificati dalla forza del dollaro
L’ampiezza dei rendimenti riconosciuti dai mercati emergenti che hanno alzato i tassi per primi risulta ancora più impressionante se la si considera alla luce del recente rafforzamento registrato dal dollaro statunitense (tradizionale benchmark per questi asset). Senza contare, sottolinea ancora l’esperto di T. Rowe Price, che i mercati emergenti che hanno già avviato la stretta del credito contribuiscono anche a riaffermare il cuscinetto di premio al rendimento reale tra gli stessi mercati emergenti e quelli sviluppati, anche se i prezzi in aumento incorporano la minaccia di intaccare lo spread.
In Turchia la politica ‘al contrario’ condanna la lira
Questo scenario positivo non è però immune da nubi. La recente turbolenza da record della lira turca evidenzia, infatti, la fragilità intrinseca delle valute emergenti di fronte ad azioni di politica monetaria fuori luogo. A tal proposito, secondo Ganske, la spinta poco ortodossa del Presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, per ulteriori tagli da parte della Banca Centrale (il quarto da settembre) mostra gli effetti che tale decisione può avere sulle valute volatili nei periodi di inflazione. Il valore della lira turca, con il tasso portato nel frattempo al 14% contro un’inflazione del 21%, si è dimezzato in poco meno di tre mesi.