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Misery Index: peggiora in marzo a causa dell’inflazione
La percezione del disagio sociale ha subito in marzo un forte peggioramento: l’indice Mic è tornato ai livelli di sette mesi fa, con un aumento di 4 decimi su febbraio, a 16,7 punti. Dietro la dinamica il balzo dell’inflazione, compensato solo in parte dal buon momento del mercato del lavoro.
A marzo l’indice che misura il disagio sociale è peggiorato per il secondo mese consecutivo, tornando indietro di ben sette mesi, ai livelli segnati nel settembre 2021. A zavorrare la percezione di povertà degli italiani, secondo quanto rivela il Misery Index stilato da Confcommercio, è soprattutto l’impennata registrata dell’inflazione che è stata solo in minima parte compensata dal miglioramento visto sul fronte del mercato del lavoro, ovvero l’altra componente che forma la base di calcolo dell’indicatore. Nel dettaglio, il MIC di marzo si è attestato su un valore stimato di 16,7 punti, in aumento di quattro decimi su febbraio.
La corsa dei prezzi rischia di frenare la ripresa
L’indicatore - anche nella formulazione attuale che sottostima la disoccupazione estesa in considerazione dell’impossibilità di enucleare il numero di scoraggiati e sottoccupati - si conferma su livelli storicamente elevati e consolida la tendenza al peggioramento. Infatti, come sottolinea la nota di Confcommercio, in linea con quanto registrato negli ultimi mesi, l’ampliamento dell’area del disagio sociale continua a essere determinato esclusivamente dalla componente inflazionistica. Il permanere di una dinamica dei prezzi sostenuta rischia di limitare, nei prossimi mesi, le possibilità di recupero dell’economia.
Il quadro di fondo
Tale prospettiva, secondo l’analisi, rischia di interrompere il processo di graduale miglioramento del mercato del lavoro: ne conseguirebbe l’estensione dell’area del disagio sociale. La situazione, inoltre, rischia di aggravarsi ulteriormente anche alla luce dei crescenti timori legati agli sviluppi della guerra in Ucraina, così come per l’eventualità di un’inflazione elevata persistente, dinamica che graverebbe sulle capacità di spesa dei cittadini anche nel medio e lungo periodo.
La nota positiva del mercato del lavoro
Lo scorso marzo l’unica nota positiva è arrivata dal mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione ufficiale è risultato in calo, all’8,3% della popolazione attiva dall’8,5% segnato in febbraio. Si tratta dei minimi livelli degli ultimi 12 anni, ovvero dal 2010. Il dato è la sintesi di una crescita degli occupati (+81mila unità sul mese precedente) e di una riduzione del numero di persone in cerca di lavoro (-48mila unità su base mensile). A questa dinamica si è associata anche una diminuzione degli inattivi (-72mila unità su febbraio), favorendo cosi l’ulteriore innalzamento del tasso di attività e della base di calcolo.
Sempre in marzo, le ore autorizzate di CIG sono state 48,8 milioni, cui si sommano oltre 7 milioni di ore per assegni erogati dai fondi di solidarietà. In termini di ore di CIG effettivamente utilizzate, destagionalizzate e ricondotte a ULA, si stima che questo corrisponda a 112mila unità lavorative standard. Il combinarsi di queste tendenze ha determinato un tasso di disoccupazione esteso pari al 9,4%.
L’inflazione si arrampica al 6,5%
Nello stesso mese i prezzi dei beni e dei servizi ad alta frequenza d’acquisto hanno mostrato un’accelerazione, con una crescita dell'inflazione al 6,5% tendenziale dal 5,7% di febbraio (a fronte di una stima preliminare Istat del 6,7%). Il permanere di una dinamica espansiva dei prezzi, soprattutto per quei beni e servizi che le famiglie acquistano con maggior frequenza e ai quali è difficile rinunciare, sono inevitabilmente destinate a modificare in negativo i comportamenti d’acquisto delle famiglie.