- SEI UN CONSULENTE FINANZIARIO AUTONOMO?
- Scopri i vantaggi del nostro servizio
Pil: crescita leggermente negativa nel primo trimestre
Crescita leggermente negativa nel primo trimestre di quest’anno per l’economia italiana, che sconta i nuovi contagi, l’effetto guerra sui consumi, il rincaro dell’energia e la corsa dell’inflazione ai massimi dai primi anni Novanta. Il Pil potrebbe essere leggermente diminuito.
La crescita dell’economia italiana ha accusato il colpo della guerra, che ha amplificato la frenata in atto già alla fine dello scorso anno a causa del ristagno dei consumi e del contributo negativo della domanda estera netta. È quindi probabile, come scrive Banca d’Italia nel suo Bollettino mensile, che nel primo trimestre il Pil sia diminuito, risentendo del rialzo dei contagi di Covid visti nell’ultimo scorcio del 2021, del forte rincaro della componente energetica e anche dell’incertezza per gli sviluppi del conflitto in Ucraina. Una stima anticipata anche dall’Istat che, dopo due mesi di dati di poco positivi, segnala per marzo una variazione decisamente negativa che porterebbe la performance del trimestre su un terreno leggermente negativo.
Scendono la produzione e la spesa delle famiglie
Gli effetti più evidenti sono sull’attività industriale. Sulla base degli indicatori ad alta frequenza, la produzione è scesa nel primo trimestre, tornando su livelli lievemente inferiori a quelli precedenti lo scoppio della pandemia. Sul calo, stima Via Nazionale, hanno influito i costi degli input e le difficoltà di reperire materie prime e prodotti intermedi. Nel frattempo, si sarebbe ridotta anche la spesa delle famiglie, penalizzata dal rialzo dei contagi, soprattutto a inizio anno, e dalla perdita di potere d’acquisto per l’inflazione. Secondo le valutazioni espresse dalle imprese tra febbraio e marzo, le condizioni per investire sono peggiorate, ma l’impatto sulla crescita degli investimenti prevista per il 2022 sarebbe contenuto.
Come ridurre la dipendenza dall’import di gas russo
L’Italia è impegnata a reperire fonti di approvvigionamento gas alternative per ridurre la dipendenza dalla Russia, dalla quale proviene più di un quinto del nostro import energetico (per il solo gas naturale oltre il 45%). Secondo valutazioni preliminari, scrive Banca d’Italia, l’eventuale interruzione dei flussi di gas russo potrebbe essere compensata per circa due quinti, entro fine 2022 (senza intaccare le riserve nazionali di metano), aumentando l’import di GNL, l’estrazione di gas dai giacimenti nazionali e facendo più ricorso ad altri fornitori. Comunque, nel medio periodo sarebbe possibile compensare pienamente le importazioni di gas russo con più cospicui investimenti sulle fonti rinnovabili, oltre che mediante il rafforzamento delle importazioni da altri Paesi.
La fiammata dell’inflazione, al top dai primi anni '90
Nel frattempo, vola l’inflazione: in Italia ha raggiunto in marzo il 7%, sui massimi dall’inizio degli anni Novanta, principalmente sulla spinta dei prezzi dell’energia e, in misura minore, degli alimentari. La componente di fondo è salita, ma resta su valori inferiori al 2%. Le pressioni sui corsi del gas e del petrolio prefigurano, secondo Palazzo Koch, un’inflazione elevata per il 2022. Problema che vedono anche le imprese, le quali stimano pronunciate revisioni al rialzo dei listini rispetto a quelle indicate a dicembre. Sono peggiorate le aspettative d’inflazione. Gli operatori professionali stimano per quest’anno un’inflazione media pari al 5,8%, quasi 4 punti sopra le attese dello scorso dicembre (prevedono un rientro sotto il 2% già nel 2023).
Tre scenari per il Pil e l’inflazione italiana
Nel Bollettino Banca d’Italia descrive tre scenari sugli effetti in Italia della guerra. Nello scenario più favorevole, che ipotizza una rapida risoluzione del conflitto e un significativo ridimensionamento delle tensioni, la crescita del Pil sarebbe di circa il 3% nel 2022 e 2023 e l’inflazione si porterebbe al 4 e all’1,8% rispettivamente. Nello scenario intermedio, che suppone il proseguimento della guerra, il Pil aumenterebbe attorno al 2% in entrambi gli anni e l’inflazione sarebbe pari al 5,6 e al 2,2%. Nello scenario più severo, che contempla anche un’interruzione dei flussi di gas russo solo in parte compensata da altre fonti, il Pil diminuirebbe di quasi mezzo punto percentuale nel 2022 e 2023 e l’inflazione avvicinerebbe l’8% quest’anno per scendere al 2,3% nel prossimo.