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PMI: le messe meglio con inflazione e tassi in salita
Le Pmi sono meglio posizionate quando inflazione e tassi sono in rialzo. Per gli esperti hanno un potere di determinare i prezzi superiore e sono più rapide nel reagire alla crisi. Sotto controllo il loro debito, grazie a un’azione preventiva rispetto al rialzo dei tassi.
È risaputo che uno scenario che vede in salita l’inflazione e i tassi d’interesse non è dei più favorevoli per gli investitori. La storia, tuttavia, ci dice che è proprio in fasi come questa che si possono trovare spazi per potenziare sul lungo termine le performance del portafoglio. Il contesto statunitense attuale, osserva Curt Organt, portfolio manager US smaller companies equity strategy di T. Rowe Price, è un’incognita per molti - vista la relativa calma (sui prezzi e sui tassi) che ha accompagnato questo mercato negli ultimi 30 anni - perché potrebbe segnare un cambio di regime. Per questo motivo, suggerisce il gestore, vale la pena guardare a periodi storici simili per avere un'indicazione su come le dinamiche di mercato di oggi potrebbero svilupparsi.
Maggiore capacità di determinazione dei prezzi
In passato sono emerse due caratteristiche tra le società Usa di piccole dimensioni: hanno sovraperformato le controparti più grandi e, in seguito a periodi di recessione, hanno guidato la ripresa. In molti casi, spiega l’esperto, tali imprese operano in settori di nicchia o in aree poco servite, spesso costituendo un componente piccolo ma cruciale all'interno di catene o processi complessi. Simili specificità riconoscono loro un potere di determinare i prezzi superiore a quello che le dimensioni suggeriscono. Quando queste aziende iniziano a subire pressioni, per aumenti salariali o per l’aumento dei costi produttivi, dovrebbero essere in grado di trasferire questi rincari ai clienti, proteggendo i loro margini.
Approccio eccessivamente pessimistico sul ciclo
L’ondata di vendite che ha colpito indistintamente l’azionario d’Oltreoceano riflette il timore degli investitori di una recessione significativa. Questo atteggiamento però, secondo Organt, è eccessivamente pessimistico perché – pur davanti a una recessione tecnica in corso - la sua contrazione potrebbe rivelarsi più breve e meno profonda di quanto molti si aspettano. Senza contare che, rispetto ai precedenti rallentamenti economici, molte aziende statunitensi mantengono ancora considerevoli volumi di lavoro arretrati, e molte devono ancora evadere gli ordini accumulati negli ultimi anni. Ciò suggerisce, secondo il gestore, che esiste una considerevole domanda repressa, che può contribuire a tamponare un eventuale rallentamento dei nuovi ordini.
Le small-cap tendono a guidare la ripresa dopo una recessione
Le imprese di piccole dimensioni possono vantare oggi anche una valutazione vantaggiosa: i titoli hanno perso oltre il 32% dal picco del novembre 2021, dato che si confronta con un calo medio di -34% negli ultimi 13 mercati ribassisti. Guardando dunque al passato, secondo il gestore di T. Rowe Price, sembra che gran parte del danno sia già stato fatto. La storia, come accennato, dice anche che le small-cap statunitensi tendono a guidare la ripresa del mercato dopo una fase ribassista, come è per altro accaduto in 9 delle ultime 10 recessioni. Inoltre, la loro sovraperformance rispetto alle società più grandi è spesso amplificata durante le prime fasi della ripresa, poiché le grandi società sono generalmente più lente a reagire ai cambiamenti.
Fatta prevenzione per tenere sotto controllo il debito
Le attese sul breve per queste società sono deboli, soprattutto a causa del temuto impatto dell’aumento dei tassi. Tuttavia, secondo l’esperto, ci sono buone ragioni per ritenere che esse siano anche meglio posizionate per affrontare questo contesto di tassi rispetto a momenti simili del passato. Negli ultimi nove mesi, la Fed ha evidenziato una traiettoria restrittiva: anticipando di molto la fine del contesto di tassi bassi, molte aziende si sono quindi mosse preventivamente per fissare il proprio debito, bloccando i tassi e allungando le scadenze. Ciò significa che sono meno vulnerabili all’attuale contesto di quanto non lo fossero nei cicli passati. Inoltre, oltre il 90% delle famiglie ha bloccato i pagamenti dei mutui fissi a tassi ben inferiori a quelli attuali.