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Risparmio: in recupero, riavvicina i livelli pre pandemia
La quota dei risparmiatori italiani nel 2022 ha riavvicinato i livelli pre pandemia, attestandosi al 53,5 per cento. Accantonano di più i laureati. Cresce la percentuale di chi sceglie il risparmio gestito e gli asset alternativi, a scapito della previdenza il cui livello rimane basso.
Come sta cambiando il rapporto degli italiani col risparmio, in un periodo complicato come l’attuale, segnato dalla pandemia, dalla guerra in Ucraina, dalla crisi energetica e dall’inflazione? Sicuramente, visto i tempi, gran parte delle famiglie vorrebbe risparmiare, ma non tutti ci riescono. La quota degli italiani risparmiatori, secondo l’indagine di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi - sul risparmio e le scelte finanziarie delle famiglie nel 2022 – oggi si attesta infatti al 53,5%, molto vicino ai livelli pre-Covid (55,1) e in netto aumento rispetto al 2021 (48,6%). La quota varia però sensibilmente tra i diversi gruppi del campione.
Aumenta l’intensità del risparmio rispetto al reddito
In particolare, riesce ad accantonare risorse il 68% dei laureati, contro meno del 50% di chi ha un’istruzione media inferiore. Inoltre, riesce a risparmiare il 69% di chi ha un reddito netto mensile maggiore di 2.500 euro e solo il 36% di chi non arriva ai 1.600 euro. Differenze emergono tra chi ha una casa di proprietà (risparmia il 60%) o in affitto (34%) e tra le famiglie con più redditi (69%) e quelle monoreddito (47%). Cresce la quota di reddito risparmiata: 11,5% (10,9% nel 2021 e 12,6% nel pre-Covid). Tuttavia, solo il 17% risparmia avendo in mente uno scopo preciso mentre il 30% lo fa per ragioni puramente precauzionali.
Fiducia nel reddito per tenore di vita accettabile
Sicuramente le difficoltà non sembrano comunque legate al reddito, se il 93,3% sostiene di essere indipendente finanziariamente, in lieve rialzo dal 92,1% della precedente ricerca. Migliorano anche i giudizi sulla sufficienza del reddito per un tenore di vita accettabile, sia al presente che al momento della pensione: il dato passa rispettivamente dal 64,6% del 2021 al 68,1% e dal 45,9% al 52,8%. Buone notizie anche per la fiducia dei giovani sul futuro: il 69% appare tranquillo sulla sufficienza del reddito tra dieci anni. La differenza di genere in questo caso è però molto ampia (72% tra gli uomini, 64% tra le donne): uno spread, secondo l’analisi, su cui probabilmente pesa la maggior precarietà del lavoro che le giovani donne subiscono rispetto ai coetanei maschi.
Si risparmia per la sicurezza
Tra le motivazioni che dettano il risparmio spicca al primo posto la sicurezza (57% del campione) e a seguire la liquidità, che persiste come tendenza per motivi precauzionali anche se l’accelerazione dell’inflazione contribuisce a ridurre tra gli italiani il grado di soddisfazione associato proprio alla detenzione della liquidità in eccesso. A questo proposito, alla domanda su come affronterebbe una spesa imprevista nell’ordine dei 5.000 euro, circa il 38% del campione risponde che ricorrerebbe appunto ai risparmi. Al contrario, circa il 62% delle famiglie dovrebbe attivarsi con una nuova iniziativa, che va dal prestito bancario (26% dei casi) al ricorso alla famiglia o ad amici (25%). L’investimento, comunque, risulta condizionato dai timori per la valutazione del rischio delle diverse soluzioni (53% circa).
Sempre più risparmio gestito, in deficit la previdenza
Tra gli italiani cresce il gradimento per il risparmio gestito: almeno un prodotto è presente nel 21% dei portafogli del campione, sia pure con una marcata differenziazione a livello territoriale. Nel mentre, si riduce la quota investita in bond (dal 29% al 23% dei portafogli), resta contenuta (sebbene in lieve crescita) la percentuale degli investitori in azioni (4,8%). Da segnalare, invece, il crescente interesse verso gli investimenti alternativi (39% del campione), in particolare l’oro (24,8%) e i fondi etici-ESG (13% circa, ma oltre il 22% tra i laureati). Gli italiani appaiono relativamente sereni sul proprio tenore di vita in età anziana. Si mantengono basse invece le adesioni alla previdenza integrativa (17,6% del campione) ed è ancora più contenuta la diffusione di polizze LTC (14% circa). Per questo, secondo la ricerca, appare urgente promuovere una cultura assicurativa che faccia crescere la consapevolezza dei possibili rischi.