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Mercati, in attesa delle prime trimestrali
La settimana appena trascorsa sui mercati finanziari non è stata priva di eventi: come abbiamo visto, a suscitare un minimo di paura sono arrivate le voci di un possibile inizio di tapering da parte della Banca Centrale Europea e di fine del quantitative easing nel marzo del 2017. Nella giornata di venerdì, poi, sono stati pubblicati i dati sulla disoccupazione americana di settembre, salita al 5% dal 4,9% di agosto, mentre il mese ha visto una creazione netta di 156 mila posti di lavoro, un poco meno del consensus che prevedeva intorno a 170 mila unità.
L'aumento della disoccupazione si spiega con un'espansione della forza lavoro pari a 440 mila unità nell'ultimo mese; in questo contesto anche gli stipendi hanno mostrato un buon andamento, aumentando del 2,6% rispetto al settembre di un anno fa. Questi numeri fanno il paio con la buona espansione dei servizi in Usa, riportata in settimana, e contribuiscono a creare il quadro di un'economia la cui fondamentale componente dei consumi riesce comunque a tenere.
I mercati hanno reagito con una certa tranquillità a eventi rassicuranti: nelle prossime settimane comunque a risultare fondamentali saranno i risultati che emergeranno dai profitti trimestrali. Attualmente, ad esempio, Factset prevede per il terzo trimestre un calo degli utili delle aziende dell'S&P 500 del 2,1%. È sempre più frequente, però, che le aspettative vengano battute, per cui non è impossibile che alla fine magari il segno possa essere più anziché meno. Certo va segnalato che a fine giugno la previsione era ancora +0,3%
La prossima settimana, precisamente l'11 ottobre, è prevista la pubblicazione dei dati trimestrali di Alcoa, colosso dell'alluminio, i cui profitti tradizionalmente rappresentano un evento associato con l'inizio della stagione degli utili. Una volta i risultati di aziende di questo genere costituivano una spia importante dello stato generale dell'economia. Al giorno d'oggi questa correlazione si è parecchio affievolita, visto lo scollamento fra il ciclo degli investimenti e quello dei consumi e la sempre maggiore terziarizzazione.
Inoltre venerdì prossimo sono attesi i numeri sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti, che si vanno ad aggiungere nei prossimi sette giorni a una pletora di dati europei, fra i quali l'andamento della produzione industriale e l'inflazione.
Per quanto riguarda i mercati, la maggior parte della volatilità sembra essersi concentrata sulle valute, con la sterlina scesa del 6% nella sessione asiatica nella notte tra giovedì e venerdì: da circa 1,23 dollari per pound a poco più di 1,18. Spesso sul forex e sul mercato dei derivati si vedono movimenti improvvisi di questo genere, magari per un errore umano. È certo però che la divisa britannica è stata al centro quest'anno di varie tensioni in seguito al voto sulla Brexit. I movimenti nel corso della settimana appena conclusa sono stati infatti accompagnati da diverse polemiche politiche provenienti dall'Europa e dalla Gran Bretagna sulle modalità di uscita dall'Ue.
È interessante notare che comunque in questi ultimi anni il mercato forex ha mostrato segnali di volatilità molto elevata, divenendo lo scarico di tutta la repressione finanziaria in corso da parte delle banche centrali.
Questi sviluppi non possono essere considerati segnali incoraggianti nei confronti di quello che potrebbe essere il mondo post quantitative easing, che probabilmente è ancora molto lontano, nonostante ciò che alcuni investitori prevedono.