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Mercati, condizionati dalla Cina
La settimana sui mercati è stata decisamente volatile: c'è stata infatti un po' di altalena che ha visto tornare protagonista la Cina. Giovedì a influire in negativo sull'azionario c'è stato il dato sul commercio estero cinese, che ha evidenziato a settembre un calo delle esportazioni del 10%, un valore di gran lunga peggiore rispetto alla discesa del 3,3% attesa. Anche le importazioni sono scese in maniera più ampia del previsto, con una diminuzione dell'1,9%, mentre ci si attendeva una crescita come ad agosto. Nei primi nove mesi dell'anno le vendite all'estero del colosso asiatico sono scese del 7,5%, mentre gli acquisti sono venuti giù in maniera ancora più intensa, registrando -8,2%. Ovviamente questi numeri sono andati a colpire soprattutto il complesso delle commodity, tanto che il Footsie 100 londinese, dove tali titoli sono ben rappresentati, è sceso sotto quota 7.000.
In compenso nella mattina asiatica di venerdì la Cina ha stupito positivamente con un un aumento, per la prima volta in cinque anni dei prezzi alla produzione. Questo indicatore, se confermato, potrebbe significare che il peggio è passato per il tormentato sistema delle industrie di base cinesi. Il mercato europeo, particolarmente danneggiato giovedì, ha abbondantemente recuperato la perdita, con un ritorno di acquisti sui titoli legati alle risorse naturali. Ad aiutare i listini sono stati anche i risultati del gigante finanziario Jp Morgan, che ha mostrato profitti sì in calo, ma largamente superiori alle aspettative: l'Eps è infatti risultato pari a 1,58 dollari ad azione a fronte di attese di 1,39. Anche il fatturato ha stupito positivamente.
In queste settimane la stagione degli utili sta entrando a pieno regime: per il momento si prevede un calo dei profitti di circa il 2% per le aziende dell'S&P 500 americano: secondo Factset in media negli ultimi quattro anni i risultati effettivi sono stati del 3% superiori al consensus ed è quindi probabile che finalmente dopo cinque trimestri si riesca a invertire la tendenza negativa. È particolarmente importante per il mercato azionario americano tornare a mostrare una crescita dei profitti, in quanto oltre a essere il più vasto del mondo è anche quello che scambia ai multipli più elevati.
Nella giornata di venerdì sono attesi sempre in America i numeri sulle vendite al dettaglio, importanti per verificare lo stato di salute del maggiore mercato consumer del mondo. La settimana prossima vede una serie di dati manifatturieri, oltre al Beige book e ai Leading indicator della Federal Reserve.
Lunedì tocca invece all'inflazione nell'Eurozona, insieme al total social financing in Cina, praticamente una misura di tutte le forme di credito erogate nel paese. Sempre da Pechino, infine, mercoledì arriva il Pil.
Vista la fase di congiuntura, non sorprende se anche nelle prossime settimane dovesse farsi sentire l'effetto Cina sui mercati, ossia una maggiore dipendenza delle borse occidentali dai dati del Dragone, dopo mesi di relativa decorrelazione. Ottobre è peraltro mese tradizionalmente difficile e attualmente non è certo aiutato dalle vicende delle presidenziali americane, ormai sprofondate a livello di rissa verbale fra i due candidati.
Se il mercato non prenderà una direzione ben definita, è probabile che si registri un trend crescente della cosiddetta volatilità della volatilità: un alternarsi di giornate di vendite nervose con forte acquisto di strumenti di copertura del rischio, seguite da sessioni con un andamento esattamente opposto.