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Draghi: i tassi d’interesse negativi funzionano
Tutto rinviato alla riunione di dicembre, un appuntamento chiave perché la Banca Centrale Europea avrà a disposizione le nuove stime su inflazione e crescita, incluse quelle concernenti il 2019
La Bce non ha anticipato scelte future nel corso della riunione tenuta ieri e tutte le attese per possibili cambiamenti all’attuale programma di acquisto titoli si spostano automaticamente alla riunione fissata per l’8 dicembre. Il presidente Mario Draghi ha assicurato, nel corso della tradizionale press conference, che il consiglio della Bce non ha discusso di un taglio del deposit facility rate (ora al -0,4%) o di avviare una riduzione del volume di acquisti mensili di titoli (rilevando che in nessun caso la riduzione avverrebbe in maniera brusca).
Draghi ha insistito ancora una volta sull’efficacia della politica monetaria adottata dalla Bce, affermando che i tassi negativi funzionano ed ha reclamato nuove riforme strutturali da parte dei governi dell’area euro, senza escludere nessuno, al fine di creare più occupazione attraverso un rinnovato impulso all’economia. In assenza di tali riforme, ha affermato Draghi, l’obiettivo perseguito dalla Bce non potrà essere stabile e duraturo.
Nonostante i rumors circolati negli ultimi giorni (alcuni focalizzati su un prolungamento del Qe che si spinga oltre la scadenza naturale di marzo 2017, altri sul probabile arrivo di tagli al volume complessivo di titoli acquistati) sull’arrivo di possibili variazioni al programma delineato dalla Bce, Draghi ha lasciato invariato il suo programma e ha rinviato all’incontro fissato per l’8 dicembre qualsiasi decisione in merito. L’unica concessione fatta da Draghi rispetto ai rumors, è stata la conferma che non ci sarà nessun cambiamento o fine non graduale del Qe. In tal modo, il governatore si è smarcato dai sospetti che volevano una Bce intenta a guadagnare tempo per trovare i margini di manovra necessari a portare a termine nuovi acquisti di titoli.
I tassi negativi funzionano
Draghi ha negato gli effetti discorsivi che l’intenso programma di acquisto titoli starebbe avendo sul mercato e il settore finanziario, come la distruzione del margine di business per le banche o la creazione di una bolla dei prezzi nel reddito fisso. Senza questa politica, ha affermato il governatore, l’inflazione e la crescita sarebbero molto più basse nell’Eurozona e non sarebbe stato possibile eliminare le differenze nei costi di finanziamento tra i distinti paesi dell’area.
Draghi ha detto che non vi è evidenza di una bolla sistemica perché, a suo avviso, mancano due fattori chiave per alimentare tale fenomeno: aumento dell’indebitamento seguito da un aumento accelerato delle quotazioni. Il governatore ha negato la presunta scarsità di titoli acquistabili dalla Bce, a dispetto delle lamentele tedesche dovute a una situazione in cui le nuove emissioni non riescono a coprire gli ammortamenti (assenza di emissioni nette di debito tedesco).
Non ci sono salvataggi bancari in vista
Draghi ha sgombrato il terreno dai timori concernenti il salvataggio di una grande entità finanziaria in Europa. La Commissione Europea, ha precisato, dispone della flessibilità sufficiente a maneggiare diverse opzioni. Non ci sono ragioni per preoccuparsi, ha sostenuto Draghi.
Il caso Portogallo
Il governatore ha fatto un accenno alla situazione del Portogallo. Oggi è attesa la decisione dell’agenzia Dbrs sul rating del paese. Se anche quest’agenzia opterà per una revisione al ribasso che comporti la perdita del livello investment grade, i titoli di Stato lusitani non potranno più fungere da collaterale per ottenere finanziamenti da parte delle banche e resterebbero esclusi anche dal programma di acquisti della Bce. Draghi ha fatto menzione a questa possibilità e ha ricordato i risultati positivi raggiunti da Lisbona negli ultimi anni e l’attesa per l’adozione di riforme (in primis quella relativa alla soluzione dell’enorme volume di npl) che possano aiutare il paese a rimettersi in moto.