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Produzione industriale, mai così male da cinque anni
Se da un lato Piazza Affari sembra essere in ripresa dopo i chiari di luna dello scorso anno e le discese di fine gennaio e febbraio, i principali indicatori dell’economia italiana continuano a evidenziare un quadro altalenante. L’ultimo report dell’Istat evidenzia che nel gennaio scorso l'indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito, rispetto a dicembre 2016, del 2,3%.
Nella media del trimestre novembre-gennaio l'indice è aumentato invece dello 0,5% rispetto al trimestre immediatamente precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a gennaio l'indice diminuisce in termini tendenziali dello 0,5% (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 19 di gennaio 2016). Secondo l’istituto di statistica il ribasso è il più alto dal gennaio 2012, quando la produzione registrò un -2,8%. Entrambi i dati sono sotto le attese degli analisti che vedevano in media nel mese in osservazione un ribasso dello 0,8% su mese e un progresso del 3,3% su anno.
L'indice destagionalizzato mensile presenta una sola variazione congiunturale positiva nel comparto dell'energia (+3,1%); diminuiscono invece i beni strumentali (-5,3%), i beni intermedi (-3,4%) e i beni di consumo (-1,6%). In termini tendenziali gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a gennaio 2017, un aumento marcato nel comparto dell'energia (+14,4%); diminuzioni segnano invece i beni strumentali (-6,2%) e, in misura più lieve, i beni di consumo (-1,9%) e i beni intermedi (-1,4%).
Per quanto riguarda i settori di attività economica, a gennaio 2017 i comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono quelli della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria (+17,1%), della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+12,7%) e della fabbricazione di prodotti chimici (+2,1%). Le diminuzioni maggiori si registrano nei comparti delle altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine e apparecchiature (-9,5%), dell'industria del legno, della carta e stampa (-8,5%) e dell'attività estrattiva (-5,9%).
Sul fronte dell’export, il Sud Italia continua a trainare le esportazioni nazionali. Nel 2016, l’aumento dell’export nazionale (+1,2%) riflette l’incremento registrato per le regioni delle aree meridionale (+8,5%), centrale (+2,1%) e nord-orientale (+1,8%) e l’ampio calo dell’area insulare (-15%), mentre l’area nord-occidentale risulta stazionaria. La Basilicata è la regione che fornisce il più ampio contributo positivo alla crescita delle esportazioni nazionali (+53,5%). Male Sicilia (-17,3%), Piemonte (-3%) e Sardegna (-10,9%).
I dati del quarto trimestre mostrano l’export di tutte le ripartizioni territoriali in crescita rispetto al trimestre precedente: +5,3% per l’Italia meridionale e insulare, +4,2% per l’Italia centrale, +2,8 per le regioni nord-orientali e +1,6% per quelle nord-occidentali.
Tra le regioni che forniscono il più ampio contributo positivo alla crescita delle esportazioni nazionali si segnalano: Basilicata (+53,5%), Lombardia (+0,8%), Emilia-Romagna (+1,5%), Friuli-Venezia Giulia (+6,3,%), Veneto (+1,3%), Abruzzo (+9,7%), Marche (+5,6%), Lazio (+3,0%) e Liguria (+7,7%). Tra quelle che forniscono un contributo negativo si evidenziano: Sicilia (-17,3%), Piemonte (-3,0%) e Sardegna (-10,9%).
Nell'anno 2016, l'aumento delle vendite di autoveicoli dalla Basilicata, di mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi, da Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Liguria e di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici dalle Marche contribuisce alla crescita dell'export nazionale per un punto percentuale.
Nello stesso periodo, la diminuzione delle esportazioni di prodotti petroliferi raffinati dalla Sicilia e di autoveicoli dal Piemonte fornisce un contributo negativo per mezzo punto percentuale alle vendite nazionali sui mercati esteri.