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Europa, un mondo di midcap
Vale la pena tornare ad analizzare il mercato azionario europeo, tentando di comprendere altre caratteristiche di questo variegato insieme. In questo ambito è interessante esaminare l'Msci Europe, che comprende oltre 400 titoli di 15 mercati sviluppati dell'Eurozona. Vediamo innanzitutto alcune caratteristiche quantitative: la capitalizzazione mediana è circa 8 miliardi di dollari, a fronte di poco più di 2 per l'Msci Emerging markets e oltre 20 per l'S&P 500.
Se dovessimo racchiudere un giudizio in una battuta, dato che generalmente per small cap si intende un'azienda la cui capitalizzazione borsistica è compresa fra 300 milioni di dollari 2 miliardi e una midcap si trova invece nello spazio fra 2 e 10, potremmo concludere che gli emergenti sono un'asset class fatta di società che lottano per uscire dalla dimensione di small cap, mentre in Europa si fa fatica a uscire da quella di midcap.
L'Msci Em, però, come abbiamo visto, è dominato da una pletora di colossi cinesi, taiwanesi e coreani, il cui peso, soprattutto nel caso cinese, è ridotto dalla relativamente bassa disponibilità di flottante. Se andiamo ad analizzare la top 10 dei titoli più importanti in Europa, però, troviamo aziende di minore dimensione complessiva (per di più misurando un flottante inferiore a quello americano, ma superiore a quello di molti colossi della sfera cinese): gli unici titoli che superano i 200 miliardi di dollari di capitalizzazione complessiva, quindi non solo per flottante, sono Nestle, Novartis e Roche, tutti e tre gruppi svizzeri.
Complessivamente nella top 10 europea ci sono appunto i tre giganti elvetici, cinque società britanniche e solamente due francesi, unica presenza dell'Eurozona. A livello settoriale troviamo solamente beni di largo consumo, banche, energia e cura della salute. In generale la capitalizzazione dell'It non arriva al 5% dell'indice, mentre nell'Msci Europe Small Cap si arriva al 15%.
In pratica si può affermare che i mercati emergenti sono un insieme artificiale di mega cap e small cap, l'America l'assoluto leader nelle dimensioni aziendali e l'Europa un territorio di grandi aziende che fanno fatica a diventare colossi assoluti. In particolar modo i problemi sono concentrati nell'Eurozona. Ora è vero che la grandezza del valore borsistico dipende dalla fiducia e dalla conseguente liquidità allocate dagli investitori. Ma anche al netto delle metriche più elevate, in certi casi a livelli di bolla, è innegabile che mediamente le aziende statunitensi hanno dimensioni maggiori e un livello di margini e di profittabilità più elevato.
Ad esempio il Dax tedesco, per certi versi una proxy delle blue chip del Vecchio continente, presenta solo due titoli, Sap e Siemens, che raggiungono la soglia di 100 miliardi di euro di capitalizzazione. Ora spesso di questi tempi viene detto che l'equity europeo è un ambiente perfetto per gli stock picker, in quanto difficilmente gli indici generali torneranno a sovraperformare. Vista la struttura economica e aziendale dell'Eurozona, non sarebbe sorprendente se l'approccio vincente per il futuro si rivelasse proprio concentrarsi su quei gruppi in grado di fare il salto qualitativo dimensionale da large a megacap.
Per fare ciò ovviamente sarà necessario posizionarsi sulle più innovative aziende europee, su quelle meglio posizionate per cogliere la domanda domestica e sugli istituti di credito dai bilanci più rassicuranti (in grado dunque di ottenere valutazioni a premio): se da una parte infatti in Europa si trovano molti gioielli fra le small cap, è però fra i leader dell'economia continentale che si giocheranno le chance di un eventuale salto di qualità delle economie e dei mercati del Vecchio continente.