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La fine del mercantilismo orientale
Abbiamo visto che nel primo trimestre di quest'anno a registrare le performance migliori sui mercati azionari globali sono state alcune piazze del Far east sviluppato, che hanno messo a segno una combinazione di valute in rafforzamento e crescita dei corsi equity, qualcosa che non succedeva dal periodo d'oro 2003-2007. Abbiamo anche sottolineato che ciò è accaduto in una fase storica in cui queste economie si stavano “giapponesizzando”, nel senso di un minore tasso di crescita strutturale e di invecchiamento della popolazione.
A differenza del Sol Levante, però, dove nel corso degli anni la correlazione inversa fra yen e Nikkei continua a tenere, in questo caso vi è un ritorno di fiducia generale. Tentiamo ora di capire perché e cerchiamo inoltre di comprendere se il trend è sostenibile. Per fare ciò partiamo da lontano: prendiamo infatti per Corea del Sud, Taiwan e Singapore (in ordine decrescente di grandezza, lasciando fuori Hong Kong legata a un regime di cambi fissi con il dollaro) il Pil pro capite nominale espresso in dollari in alcune date del passato, specificatamente il 1980, il 1989, il 1996, il 2002, il 2007-08-09 e l'ultimo dato disponibile, ossia il 2016. Facciamo poi altrettanto per Grecia, Portogallo, Spagna e Italia
Per quanto riguarda il Pil pro capite calcolato in questa maniera esso fornisce nel corso dei decenni non solo un'idea della progressione di ricchezza di una nazione, ma anche le fluttuazioni valutarie che l’hanno accompagnata e un quadro della crescita dell'inflazione (i valori riportati sono infatti ricavati dal Gdp nominale, senza applicare il deflatore) . Si tratta di una grandezza abbastanza volatile che però su una serie storica piuttosto lunga fa comprendere quali fenomeni inflativi-monetari-finanziari hanno accompagnato lo sviluppo di un paese.
Per quanto riguarda la cronologia le scelte sono in fondo arbitrarie, però una logica c'è: gli anni ottanta sono stati infatti un decennio che ha portato cambiamenti tecnologici e sociali giganteschi, il 1996 ha coinciso con l'avvento del periodo di cambi fissi per il primo nucleo dei membri dell'euro (nel nostro caso Grecia esclusa) e con il picco del ciclo delle tigri asiatiche prima della devastante crisi del 97-98. Il 2002 ha segnato la fine della recessione indotta dal crash delle dot.com e il chiaro inizio di una fase di bear market secolare del dollaro. Il 2007-08-09 ha ovviamente rappresentato il passaggio all'ultima crisi finanziaria, mentre il 2016 fotografa l'attualità.
Detto ciò riportiamo i dati sul Pil pro capite:
Corea del sud: 1.711 $ (80), 5.736 (89), 13.137 (96), 12.789 (02), 23.102 (07), 20.475 (08), 18.339 (09), 27.633 (16)
Taiwan: 2.367 $ (80), 7.577 (89), 13.597 (96), 13.715 (02), 17.781 (07), 18.183 (08), 16.960 (09), 24.989 (16)
Singapore: 5.004 $ (80), 10.711 (89), 26.263 (96), 22.017 (02), 39.224 (07), 39.722 (08), 38.577 (09), 53.053 (16)
Passiamo ora al Sud Europa:
Portogallo: 3.335 $ (80), 5.968 (89), 12.188 (96), 12.928 (02), 22.812 (07), 24.933 (08), 23.123 (09), 19.759 (16)
Grecia: 5.903 $ (80), 7.878 (89), 13 .777 (96), 14.178 (02), 28.900 (07), 32.198 (08), 29.819 (09), 18.078 (16)
Spagna: 6157 $ (80), 10616 (89), 16173 (96), 17083 (02), 32748 (07), 35725 (08), 32412 (09), 27012 (16)
Italia: 8.576 (80), 16.591 (89), 23.033 (96), 22.303 (2002), 37.890 (07), 40.954 (08), 37.130 (09), 30.294 (16).
Una veloce scorsa ai dati permette di capire alcuni punti fondamentali: grosso modo le tre economie asiatiche che prendiamo in considerazione fra la fine degli anni ‘80 e la prima metà dei ‘90 hanno raggiunto l'Europa mediterranea e da lì, in termini nominali, non si sono schiodate o hanno addirittura perso terreno fino agli ultimi anni in cui è crollato l’euro.
Cos'è successo? Essenzialmente dopo la crisi del 97-98, che ha portato a una rapida svalutazione in parte rientrata rapidamente, questi paesi hanno puntato su una strategia neo-mercantilista incentrata sull'esportare beni e servizi ad alto valore aggiunto in occidente e componenti avanzate in Cina. Hanno cavalcato gli anni ruggenti della globalizzazione, dei commerci internazionali e degli squilibri sistemici a livello di partite correnti controllando rigidamente le proprie divise.
Di converso il Sud Europa ha preso in prestito una moneta de facto non propria, usufruendo del suo lungo bull market: nonostante tassi di inflazione più elevati della media continentale e perdita di competitività il giochino è andato avanti per lunghi anni, in fondo senza grandi differenze fra economie stagnanti, come quella portoghese e quella italiana, e sistemi apparentemente più vivaci quali la Spagna e la Grecia pre-crisi.
Il mercantilismo estremo orientale è stato perseguito per oltre un decennio, non curante delle condizioni economiche e finanziarie circostanti. Prendiamo il caso della Corea, la più grande e volatile delle nazioni in questione.
Sia nella fase 96-02, caratterizzata da un super-dollaro, sia nel 2003-07, al picco dei grandi squilibri e del carry trade globale, sia nel biennio di crisi, il Pil pro-capite nominale di una nazione che viene spesso definita l'economia più innovativa del pianeta ha performato peggio di ogni realtà del Sud Europa, a parte (brevemente) il Portogallo.
All'apice della svalutazione del won nel 2008-2009, in cui la Banca centrale locale se ne guardò bene dal bruciare riserve per contrastare il panico degli investitori, la Grecia presentava un Pil pro capite nominale del 62% circa superiore a quello coreano, che peraltro in tale periodo si posizionava su valori inferiori alla Repubblica Ceca e alla Slovenia. Singapore poi, uno dei maggiori gangli della finanza, del commercio e dei corporate service al mondo, nel 2008 era addirittura in una posizione inferiore all'Italia, che veniva già da una decade di stagnazione rovinosa.
Un quasi-decennio di deflazione brutale dell'Europa mediterranea, cui ha fatto seguito infine una politica monetaria della Bce tesa alla svalutazione dell'euro, hanno riaggiustato i valori, riportandoli nel campo della realtà. Come detto, è bastato da parte del Far East mettere a segno una mediocre crescita economica per uscire in parte dalle distorsioni del mercantilismo.
Con ogni probabilità il processo è destinato a continuare: se oggi Taiwan e Corea hanno nominalmente più o meno raggiunto Spagna e Italia, mentre Singapore ha superato la Svezia, a parità di potere d'acquisto, Singapore è a livelli svizzeri mentre le altre due realtà appaiono paragonabili al Centro-Nord Europa. Sia contro dollaro, sia contro euro, ci sono ancora ampi margini di rafforzamento delle divise locali.
Queste ultime peraltro sono sostenute da politiche monetarie delle banche centrali negli ultimi anni diventate addirittura relativamente rigide rispetto alla media mondiale. Basti pensare che Taiwan ha preso adesso ad abbassare un poco i tassi, ampiamente in territorio positivo, dopo quattro anni di stasi, mentre la Corea è attualmente ferma dopo qualche anno di tagli in un ambiente che però presenta i rendimenti reali più alti dell'area Ocse.
In pratica il lungo discorso è servito per stabilire che attualmente si stanno ancora rimettendo in sesto i rimasugli di alcune bolle folli: da una parte la forza di alcune grandezze espresse in euro e in dollari, dall’altra la debolezza di altre come gli asset asiatici in generale. Si tratta di un processo che ha ancora diversi margini davanti a sé.